E’ anni che se ne parla e ora potrebbe essere giunta la resa dei conti tra chi vuole mantenere privilegi milionari e chi invece vuole dire basta a politici superpagati.

E sulle misure anticasta alla Camera inizia la sfida tra M5s e Pd sul taglio dei contestati vitalizi.

Lo scontro annunciato non è tanto sulla legge che dovrebbe essere approvata senza particolari problemi, favorevoli alla svolta si sono mostrati Pd, grillini,  Lega e  Fratelli d’Italia, ma è il braccio di ferro tra pentastellati e dem, ossia chi sarà dei due ad aggiudicarsi la vittoria che infligge la spellata definitiva alla casta degli intoccabili.

 

Del resto Renzi vuole a tutti i costi assumersi la paternità del colpo di scure storico sui lauti compensi da sbandierare il prossimo anno in campagna elettorale scippando così una delle proposte cardine del programma  dei 5 stelle.

Basta dunque ai vitalizi  e pensione calcolata con il sistema contributivo per tutti i parlamentari, anche per gli ex.

Una proposta di legge, e qui ha origine la sfida, del deputato Matteo Richetti (Pd) che ha l’obiettivo di cambiare le regole dell’assegno previdenziale per deputati e senatori, uniformandole in gran parte a quelle in vigore per i dipendenti pubblici. Insomma, lo scopo è equiparare le pensioni degli eletti a quelle di tutti i lavoratori, di fatto il cavallo di battaglia del M5S.

 

Va ricordato che con la riforma dei regolamenti interni delle Camere del 2012, l’assegno vitalizio di deputati e di senatori è stato abolito e al suo posto è stato istituito un sistema di tipo previdenziale.

Ma in Italia le cose non sono mai semplici come invece dovrebbero. Perché  i parlamentari che hanno finito il proprio  mandato prima del 2012 hanno continuato a percepire gli assegni vitalizi pre-riforma. Mentre per coloro che hanno esercitato un mandato prima di tale data, e che sono stati in seguito  rieletti, viene applicato un sistema pro-rata, ossia basato in parte sulla quota di assegni vitalizi effettivamente maturata al 31 dicembre 2011 e in parte sulla quota calcolata con il nuovo sistema contributivo.

Mentre per i deputati freschi di nomina, ovvero  eletti la prima volta dopo la riforma, hanno diritto a una pensione interamente calcolata con tale sistema contributivo, che però ha regole differenti rispetto a quelle in vigore per i lavoratori dipendenti.

 

Ora con la proposta in discussione si prevede sia l’introduzione di un sistema previdenziale identico a quello dei lavoratori dipendenti come anche la sua estensione a tutti gli eletti, compresi gli ex parlamentari che attualmente beneficiano dell’assegno vitalizio. Si tratterebbe quindi di una cambio di pagina epocale teso ad abolire una volta per tutte i trattamenti esistenti basati ancora sull’iniquo sistema dei vitalizi e che come riferiscono i grillini Riccardo Fraccaro e Laura Castelli “interessa circa 2600 ex deputati e senatori, per un costo di 215 milioni all’anno”.