Mentre l’invasione russa dell’Ucraina procede più lentamente del previsto a causa dell’inattesa resistenza delle forze armate locali e della popolazione, la Repubblica Popolare Cinese si sta ritagliando un ruolo di mediazione in una crisi che è esclusivamente europea.
Finora Putin e Xi Jinping si sono spalleggiati a vicenda sul piano internazionale. Il leader russo ha appoggiato senza riserve le rivendicazioni cinesi su Taiwan. Quello cinese, a sua volta, ha affermato di considerare giustificata la richiesta d’indipendenza delle due repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk.
È probabile, tuttavia, che Pechino non si attendesse l’invasione completa dell’Ucraina ordinata da Putin, ritenendo che il capo del Cremlino puntasse solo all’annessione delle due repubbliche russofone. L’operazione, invece, ha assunto dimensioni ben più vaste, con l’obiettivo di far tornare l’intera Ucraina nell’orbita di Mosca.
Quando ha capito che Putin puntava direttamente su Kiev, Xi ha adottato una posizione più prudente, invocando una soluzione diplomatica del conflitto, con ciò scontentando il suo collega russo. I due autocrati, insomma, al momento sembrano più distanti di prima.
Si tratta di una novità importante. Dopo il disastroso ritiro americano dall’Afghanistan, russi e cinesi si sono mossi in sintonia cercando di sfruttare la crisi Usa, e la debolezza di Joe Biden, per cercare di ridisegnare il precedente ordine mondiale che faceva perno sull’Occidente.
Federazione Russa e Repubblica Popolare hanno condotto esercitazioni militari comuni di grande portata, facendo capire agli Usa e ai loro alleati che tra Mosca e Pechino si è costituito un forte asse sul versante politico, diplomatico e militare. Di qui le critiche che molti analisti hanno rivolto agli Stati Uniti e all’Unione europea per non aver saputo impedire che tale asse prendesse corpo.
Occorre pure rammentare che, nonostante l’attuale intesa, tra russi e cinesi ci sono dei dissapori storici che, nel 1969, portarono addirittura a scontri armati sul fiume Ussuri tra le due potenze, allora entrambe comuniste. La Cina considera da sempre la presenza russa in Siberia e in Estremo Oriente come un’indebita intrusione. I russi, dal canto loro, non intendono affatto rinunciare all’enorme territorio conquistato ai tempi degli zar.
La prudenza di Xi Jinping è quindi giustificata anche dai suddetti antichi dissapori, cresciuti notevolmente quando ancora esisteva l’Unione Sovietica. Pur ribadendo l’alleanza “de facto” con la Federazione Russa, il leader cinese si è proposto come mediatore nella crisi ucraina, sostenendo che la controversia deve essere risolta nell’ambito delle Nazioni Unite. Proposta che ovviamente Putin non gradisce, e che può comunque bloccare avendo la Russia il diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
A tale proposito il ministro degli esteri di Pechino, Wang Yi, ha da un lato condiviso la preoccupazione russa per l’allargamento della Nato a oriente mentre, dall’altro, ha insistito sulla cessazione delle ostilità e su una soluzione diplomatica del conflitto.
Basterà questo a introdurre un cuneo tra i due Paesi che negli ultimi tempi hanno sempre viaggiato di conserva? Dipenderà dall’evoluzione della crisi ucraina e dalla capacità dell’esercito russo di ottenere davvero il controllo totale del Paese invaso, e su quest’ultimo punto i dubbi stanno crescendo. In ogni caso è chiaro che la Cina sta acquisendo un ruolo importante anche nello scenario politico europeo, e questa è una novità molto preoccupante. Ma Putin, ammesso che resti in sella anche nell’eventualità di un insuccesso in Ucraina, potrebbe vendicarsi ritirando il suo appoggio – sinora totale – alle rivendicazioni cinesi su Taiwan. Si noti, comunque, che Xi ha subito approfittato della crisi ucraina, intensificando i voli della sua aviazione sull’isola e facendo compiere alla flotta cinese manovre vicinissime alle coste di Taiwan.
Michele Marsonet – Atlantico