Quanto sono volubili i mercati azionari. Appena nominato presidente sembrava fosse iniziato il conto alla rovescia in attesa dell’apocalisse  e invece sono bastate  poche ore ed è andato tutto al contrario come la sua sorprendente e inattesa elezione.
Le Borse si sono immediatamente riprese dopo il tonfo dimostrando di avere perfettamente metabolizzato la clamorosa novità riguardo la vittoria di Donald  Trump che agli occhi del mondo  era visto come una mina vagante, un pericolo a tutto campo che poteva innescare una serie di reazioni in grado di generare incertezza economica. Ma così non è andata.
Le principali Borse, dopo il crollo dovuto alla follia di massa che ha considerato una sciagura il trionfo del candidato repubblicano, hanno improvvisamente  cambiato opinione rivalutando la vittoria del tycoon chiudendo la seduta con  rialzi significativi.

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Durante la combattutissima campagna elettorale Trump ha sempre evidenziato che il suo programma (una volta conquistata la Casa Bianca) avrebbe previsto  una spesa di oltre 500 miliardi di dollari da destinare alla realizzazione di nuove infrastrutture e, non ultimo, ha promesso una incisiva riduzione delle tasse. Tutto vero? Staremo a vedere.
Intanto le elezioni le possiamo considerare già archiviate e al presidente Trump spetta ora un lavoro particolarmente delicato e importantissimo: davanti a sé   ha un paio di mesi per formare il suo entourage, la squadra di fedelissimi dello Studio Ovale per stabilire la tabella di marcia, ovvero prendere le decisioni necessarie affinché l’America torni a sognare. E in questo senso Trump dovrà essere molto accorto nel scegliere i suoi uomini che dovranno avere il massimo della competenza, nell’ambito delle proprie attività strategiche, andando quindi a colmare l’evidente inesperienza ammnistrativa del presidente. Un po’ come fece a suo tempo Ronald Reagan che conscio dei propri limiti seppe intelligentemente circondarsi di ottimi consiglieri con alle spalle una grande esperienza politica.

Tuttavia le questioni impellenti sono già sul tavolo e attendono soluzioni rapide, almeno così si aspettano gli americani.

Tramp ha promesso la cancellazione del piano di assistenza assicurativo voluto fortemente da Obama sostituendolo con altre condizioni meno restrittive. La difficoltà sta nei tempi strettissimi: il rinnovo del piano assistenziale del presidente uscente scadrà tra poche settimane e se Trump non dovesse portare in porto la sua riforma milioni di cittadini rischierebbero grosso: si ritroverebbero in un attimo senza copertura assistenziale.
Altra faccenda spinosa la riduzione del peso fiscale: Trump le vuole abbassare dal 35 al 15% convinto che questo sia uno  stimolo per una rapida ripresa economica in grado di incentivare nuovi investimenti incrementando i posti di lavoro soprattutto nelle zone più in difficoltà.  Mentre sul fronte dell’immigrazione clandestina Trump appare più morbido e misurato, più diplomatico evidentemente conscio del ruolo che la storia gli ha riservato: non usa più termini violenti come deportazioni di massa utilizzati per contrassegnare un’ America assediata dal crimine e dall’invasione di irregolari  ma adesso, da presidente, pare voglia semplicemente rendere operative leggi di fatto esistenti per tutti coloro che delinquono.
Tornando per un attimo al passato va detto che l’incredibile trionfo di Trump ricorda per molti versi la vittoria  di Ronald Reagan che nel 1980 mise sottosopra tutti i pronostici e sondaggi battendo Carter dato per favorito. Reagan come Trump  non godeva della vicinanza delle potenti lobby e come l’attuale neo presidente non era particolarmente considerato dal suo stesso partito.  E come Trump Reagan era considerato dai Democratici un autentico pericolo, una sciagura a cui mai si sarebbe dovuto affidare l’arsenale nucleare più potente del mondo.
E invece, ironia della sorte, l’ex attore di seconda fila che sedette per otto anni alla Casa Binaca, finì per essere uno dei presidenti più amati dagli americani. Lo stesso destino potrebbe essere riservato per Trump… perché no?