La deterrenza nucleare ha senso all’interno di un sistema razionale di confronto strategico, lo schema salta con regimi ispirati dal fondamentalismo religioso

La deterrenza nucleare ha un suo significato specifico all’interno di un sistema razionale di confronto strategico. Tu hai la bomba atomica ma non la usi perché sai che se io riuscissi a rispondere al tuo attacco saremmo entrambi morti e le nostre comunità nazionali estinte. A mia volta, io faccio lo stesso ragionamento e mi guardo bene dallo sferrare il primo colpo se non ho l’assoluta certezza di non doverne subire uno della stessa natura ed entità.

La deterrenza nucleare

La deterrenza nucleare ha avuto dagli anni quaranta in poi del secolo scorso l’unico scopo di fare in modo che qualsiasi conflitto si mantenesse sul piano delle armi cosiddette convenzionali e che anche una guerra “ordinaria” non portasse all’annientamento totale dell’avversario, considerato che l’arma atomica avrebbe potuto rappresentare l’ultima difesa di fronte ad un nemico intenzionato a sottometterti del tutto con truppe e carri armati.

Quando, ad esempio, la Nato pensò di non essere in grado di resistere ad un eventuale attacco in forze delle truppe corazzate sovietiche non escluse l’uso delle armi atomiche. Nella dottrina strategica nucleare la preoccupazione principale è stata sempre quella di poter salvaguardare una qualche risposta atomica ad un identico attacco del nemico ed evitare di rimanere del tutto paralizzati dal primo colpo sferrato dall’avversario e quindi definitivamente soccombenti.

Per capirlo bene basterebbe ripensare alle reazioni sovietiche allorché gli Stati Uniti di Ronald Reagan annunciarono di realizzare lo scudo stellare che avrebbe potuto avere, almeno in teoria, la capacità di intercettare ogni singolo vettore di testate nucleari. A quel punto la vecchia Urss si sarebbe trovata in una posizione di soccombenza definitiva e la deterrenza ad usare l’atomica per gli americani sarebbe venuta meno.

I sovietici capirono al volo il cambio di paradigma che ne sarebbe scaturito e alzarono immediatamente la voce minacciando di fermare ogni trattativa in corso sulla riduzione delle armi nucleari.

A ciò si aggiunga che le opinioni pubbliche delle liberal democrazie dopo la Seconda Guerra Mondiale hanno perso del tutto qualsiasi ispirazione bellicista – qualsiasi desidero di espandere confini a danno di Paesi vicini – e il modello di vita occidentale contemporaneo, al quale è esistenzialmente aggrappato qualche miliardo di esseri umani, rappresenta la garanzia più sicura contro eventuali tentazioni distruttive delle dirigenze dei Paesi dotati di armi atomiche. Almeno, ripeto, di quelle che guidano i Paesi occidentali.

Quando lo schema salta

Lo schema di ragionamento sin qui delineato non funziona, a mio giudizio, nel confronto strategico con regimi ispirati dal fondamentalismo religioso, con quelli in cui la popolazione è totalmente sottomessa, non vi sono opposizioni interne degne di questo nome, e dove la dirigenza politica non attribuisce valore alcuno alla vita dei popoli che governa.

Questa è la ragione per la quale l’Iran governato dal regime degli ayatollah non può e non deve avere armi nucleari; questa è la ragione che legittima l’azione preventiva di Israele di questi giorni.

Il diritto internazionale non c’entra nulla e chiamarlo in causa a me pare un fuor d’opera. Anche i critici più feroci di Israele comprenderanno, ad esempio, che Adolf Hitler non avrebbe mai potuto avere l’arma nucleare, non avremmo potuto permetterlo. Era a capo di un regime assoluto, nel senso letterale di “sciolto da qualsiasi vincolo” morale e umano, un regime disposto ad annientare sei milioni di ebrei e distruggere la stessa nazione tedesca per il compimento di una missione diabolica.

Le democrazie

Negli anni trenta del ‘900 la preoccupazione per il riarmo della Germania nasceva dalla natura del regime che governava quel Paese. Basterebbe leggere i discorsi di Winston Churchill per comprenderlo. Oggi, tanto per fare un esempio, il riarmo tedesco non genererebbe le stesse preoccupazioni e nemmeno quello francese o inglese. Un tema ripreso in questi mesi a scopo chiaramente difensivo e che è mancato dalle scene nazionali per decenni.

Finché questi Paesi occidentali rimarranno liberal democratiche, finché le classi dirigenti e le loro opinioni pubbliche resteranno ancorate ad un sistema di valori fondato sull’importanza fondamentale della vita umana, finché saranno legati a schemi di alleanze difensive dentro il quadro della Nato, è ragionevole ritenere che non si porrà alcuna questione di un uso aggressivo (e non difensivo) delle armi nucleari.

Il caso iraniano

Con l’Iran il caso appare radicalmente differente. Quello iraniano è un regime teocratico che ha annientato la società civile, ha calpestato i diritti umani, ha dimostrato di non attribuire alcun valore alla vita dei propri cittadini e a quella di milioni di cittadini di altri Paesi. Oggi l’Iran ha dimostrato di potere colpire militarmente Israele, ha ribadito la volontà di cancellarlo dalla faccia della terra e la sua mano ha ragionevolmente mosso ogni atto terroristico contro Tel Aviv, compreso l’atto ignominioso del 7 ottobre 2023.

L’Iran è un regime nel quale non esiste un’opinione pubblica ispirata ai valori occidentali in grado di frenare azioni militari folli ed è uno Stato che non può paventare la necessità di un riequilibrio strategico con la disponibilità dell’arma nucleare perché non c’è alcuna volontà e possibilità militare che altri Stati lo invadano, ne reclamino porzioni di territorio o lo sottomettano. L’Iran vuole l’atomica per terrorizzare i vicini della regione, per destabilizzare definitivamente l’intera aerea, per rendere concreta la possibilità che sui missili che in questi giorni hanno colpito le città israeliane siano installate davvero bombe atomiche. Possiamo permetterlo?

Rocco Todero – Atlantico