Alla fine di questa emergenza c’è il rischio concreto che la fame possa fare più vittime del virus. Disagio e disperazione si stanno espandendo a macchia d’olio, soprattutto al sud. Si registrano ormai sempre più frequentemente raid spesso eseguiti con modalità violente, allo scopo di assaltare depositi di alimentari e  supermercati. Episodi certamente da condannare, ma rendono l’idea dell’allarme sociale.

 

Con il fermo delle attività produttive generato dall’emergenza sanitaria ci sono intere categorie di persone e lavoratori che sono già diventati poveri. E per evitare di essere travolti da una frana sociale è necessario intervenire subito in maniera concreta, vale a dire con risorse economiche mirate a coloro che sono in sofferenza.

Quindi la partita è tutta nelle mani del Governo che ha da settimane annunciato un’ iniezione di denaro per l’assistenza alimentare. Ma per il momento non si vedono risultati convincenti. Dunque la differenza la faranno i tempi di erogazione e la reattività della prassi burocratica che dovrà essere però snellita proprio per il particolare momento per evitare l’esplosione di una bomba sociale.

L’elemento sostanziale è perciò comprendere che corriamo il rischio di avere a breve migliaia – se non qualche milione – di famiglie in povertà assoluta, oltre a quelle che lo erano prima dell’emergenza. Non solo. Dobbiamo tenere in considerazione che ci sono intere categorie di persone e lavoratori che già ora sono diventati poveri.

Preoccupano dunque parecchio le conseguenze sociali dell’epidemia. E l’intervento più urgente è quello di evitare che lavoratori già in condizione di fragilità cadano nella povertà assoluta. Basti pensare alle diverse realtà del mondo lavorativo costellato di tanti lavoratori in nero, a colf e badanti, agli stagionali, agli atipici non dipendenti, tutte categorie che non sono coperte dal decreto “Cura Italia” e che adesso devono essere inserire nel pacchetto di interventi.

Da settimane sentiamo parlare di un altro tipo di indennità che dovrebbe portare un po’ di ossigeno a coloro che versano in condizioni precarie: il reddito di emergenza (Rem). Ma bisognerà attendere ancora qualche settimana per capire esattamente come e a chi verrà elargito il contributo che dovrebbe variare dai 400 agli 800 euro a seconda dei componenti del nucleo famigliare.

Una misura governativa di sostegno alimentare che potrebbe andare nella direzione giusta in questa seconda fase. Fermo restando però che siano coinvolti i Comuni e il Terzo settore. Inutile ricordare che ci sono situazioni che solo gli enti locali conoscono e possono raggiungere. E spesso sono le situazioni di povertà più radicale. Servirà perciò molta attenzione riguardo le richieste che perverranno agli uffici competenti in cui si dovranno esaminare i casi per capire se tutti i richiedenti ne hanno realmente diritto. Ci sono famiglie in cui si sono registrati più componenti e non è escluso che ci siano anche coloro che già fruiscono del reddito di cittadinanza.
Insomma, il rischio di infiltrazioni da parte degli approfittatori è alto. Di conseguenza bisogna evitare che si sprechino risorse coi finti poveri e per questo servono controlli più efficienti per aiutare chi ha realmente bisogno.

Altro passo necessario è snellire e semplificare in via temporanea i criteri e le procedure. In particolare, bisogna che in questa fase si tenga conto dell’Isee corrente, non di quello basato sui redditi dello scorso anno. Redditi che spesso non ci sono più o sono ridotti a poco più di niente.

Stiamo vivendo purtroppo una emergenza nell’emergenza e per questo dobbiamo essere in grado di affrontarla velocemente con le giuste strategie prima che, soprattutto nelle zone economicamente più deboli del Paese, si trasformi in rabbia sociale.