Lo avevano detto e ridetto ma come buona parte dei  politicanti mentono e quando parlano dicono esattamente il contrario di ciò che pensano. Non “diventeremo mai un partito”, raccontavano ai microfoni le agguerrite sardine ma intanto però stavano già programmando il primo congresso nazionale.

I pesciolini – che viaggiano in cordata con tutto il popolo della sinistra più radicale compresi i devastatori dei centri sociali – si stanno dunque strutturando assumendo tutte le caratteristiche  e l’organizzazione  di un vero partito che a breve vedrà la luce dopo mesi di falsità in cui i leader sostenevano che sarebbero rimasti solo un movimento di piazza e mai si sarebbero organizzati in un partito.

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Del resto come escludere tale la svolta nel momento in cui è stato annunciato a sorpresa dalla portavoce di Torino Francesca Valentina Penotti un congresso nazionale – una due giorni in cui le sardine decideranno che direzione prendere e cosa fare a parte il solito slogan: sempre e comunque contro Salvini e basta – che si terrà dopo le elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria e che vedrà riuniti gli esponenti delle sarde di tutta Italia. A tale proposito un primo assaggio che potremmo ora definire “pre-congressuale” lo abbiamo avuto  quando ad inizio dicembre a Roma le sarde si sono radunate nel palazzo occupato dai centri sociali di via Santa Croce in Gerusalemme subito dopo il primo appuntamento nazionale di Piazza San Giovanni.

Ora perciò avanti tutta rimangiandosi tutto quello che avevano recitato per mesi, un noioso mantra: “Non diventeremo mai e poi mai un partito”. Sostanzialmente le solite balle che abbiamo del resto sentito dire negli ultimi tempi partendo da voltagabbana di razza come i grillozzi passando poi per Conte, Renzi finendo poi a un Pd ormai senza identità e a corto di consenso. Non a caso i dem ne hanno subito approfittato sposando l’iniziativa delle sarde in grado di trascinare e intercettare le sacche di malcontento sinistro, di riempire le piazze al contrario del Pd che oggi stenta a riempire le sale.

Insomma, non nascondiamocelo, le sardine con l’assise in calendario si stanno progressivamente avvicinando alla  casta, ai palazzi del potere che per lungo tempo avevano fatto credere di disprezzare. E tutto questo alla faccia di chi aveva creduto agli slogan banali come “dare un perimetro all’iniziativa di noi sardine sarebbe come mettere confini al mare”.

Primi passi verso il partito rifiutato… a parole

Tanto tempo passato per contrastare l’avanzata del loro nemico numero uno Salvini e il resto del centrodestra per poi redarre il 15 dicembre, il giorno dopo la manifestazione nazionale, un misero manifesto lanciato a Roma che non andava oltre alla  semplice propaganda puntando sempre e comunque contro il leader leghista e i decreti sicurezza. Non parliamone poi della balla relativa al rifiuto categorico di indire un congresso quando già le allegre sardine avevano in mente un partito.

Le sardine hanno fin da subito trasformato il loro anti-leghismo in un movimento di massa – anche se tra i giovani ispiratori sono già sorti i primi attriti interni soprattutto sulla leadership bolognese di Santori che non trova tutti d’accordo – nel quale si è riconosciuto quella parte di elettorato sinistrorso che non si sentiva più rappresentato dagli attuali schieramenti. Adesso però è il momento di incassare, di passare ai fatti e dopo il raduno capitolino e il manifesto le sarde vogliono inquadrarsi, vogliono darsi delle regole precise e porsi obiettivi chiari.

E quale sede migliore può garantire tale strategia politica se non un congresso? Mattia Santori, capo movimentista con alle spalle Romano Prodi, sa bene che solo la forza di un congresso può tenere a battesimo la formazione di un partito in grado di presentarsi già alle future amministrative e, perché no, anche alle elezioni politiche anticipate costantemente sono alle porte. E il Pd ha già garantito a Santori e a qualche altro ragazzotto un avvenire certo in politica promettendo loro un seggio sicuro in Parlamento.

Assisteremmo così a un’altra infornata di giovani incapaci, fanno scuola i grillozzi, che da movimentisti ortodossi si trasformeranno rapidamente in “sardine-guardiano” del potere pronte a tradire, a scendere a compromessi e a imbastire trame di palazzo quando in gioco vi sono gli interessi personali, vale a dire difendere la poltrona super pagata. Altro che pensare al bene del paese.