Tutta la discussione tra i due galletti, si incentra solo ed esclusivamente sul potere, sia interno al ‘coso’, sia esterno. Alla democrazia diretta l’ardua scelta
Quando si parla di telenovele, si allude a quelle storie infinite, complicatissime, per lo più incomprensibili, costellate (questo le differenzia da quelle americane) di ‘ritrovamenti’ incredibili di parenti improbabili e così via.
Tale mi sembra la ormai sempre più ridicola, se non fosse tragica, storia degli stellini del Movimento 5 Stelle e dello scontro fatale tra Giuseppe Conte / pochette (‘principe azzurro’, definito da Grillo) e il burbero fondatore, Beppe Grillo, appunto, con visioni incluse: due al prezzo di uno.
E sì, perché dopo averci ponzato per una intera giornata e forse anche nottata, il fondatore, l’elevato, il guru, il visionario, risponde a Conte, il … faccendiere.
Sul discorso di Conte di lunedì, si può dire molto, ma in sintesi: fatuo e banale, privo di qualsivoglia prospettiva, burocratico. Comitati, comitatini, organi, organetti, procedure … insomma complicazioni avvocatesche tipo i dipiciemme con cui ci ha allietato per due anni. Non, in quel discorso, una prospettiva che sia una, una proposta, una indicazione … va bene niente visioni, ma almeno indichi una strada. E no, manco quella: sono di destra o di sinistra, vado qui vado là… ‘risolvo i problemi’ degli italiani. Novello Mister Wolf, ma quella era pulp fiction, dove la parola importante è, era, fiction!
Tra le varie conversazioni telefoniche tra i due galletti (loro così credono, non hanno capito che c’è il terzo in agguato), in parte determinate anche dal fatto che il signor pochette talvolta non legge nemmeno i messaggi dell’elevato (questa sì che è alta politica), pare che ve ne sia stata una in cui Beppe (tutti lo chiamano così, anche questa è una misura) ha offerto a pochette di lasciargli nominare i vicepresidenti del ‘coso‘.
Mosse, contromosse, aperture chiusure, borbottii vari. Insomma, chiacchiere tra i due contendenti al trono di un ‘coso’ che non si sa bene a cosa dovrebbe servire e cosa dovrà fare.
Perché, notate bene, tutta la discussione tra i due galletti, si incentra solo ed esclusivamente sul potere, sia interno al ‘coso‘, sia esterno. Anzi, principalmente su quello esterno. Perché, come è ovvio, finché il ‘coso‘ starà lì così, cioè fino alle prossime elezioni, ha una grande forza in Parlamento, dove ormai non conta più nulla, ma può influire per nomine e posti vari di sottogoverno.
Questo -fidatevi- è il vero tema del dibattito.
Perché -anche la questione del doppio mandato ne è una prova- il problema è che questo partito, ormai rotto, per sopravvivere un poco ha bisogno di soldi e di potere. Quest’ultimo si ottiene con la miriade di nomine da fare qua e là, ovviamente in assoluta opacità.
E qui, probabilmente si gioca una partita sotterranea durissima, e senza esclusione di colpi.
Grillo ha capito che il ‘coso‘ è finito e alle prossime elezioni farà concorrenza agli italovissuti. E quindi si preoccupa di acquisire quanto più potere possibile nell’unico modo in cui può: sostenendo il Governo Draghi, nella speranza di esserne ricambiato, salvo a tentare qualche sgambetto innocuo. Del resto una bella fettona di potere l’ha già avuta proprio grazie al colloquio Draghi-elevato che dette luogo alla formazione del Governo: il ministerone della transizione ecologica, che spenderà e spanderà miliardi a gogò. Se salta l’accordo con Draghi, ‘ragiona’ Grillo, saltano anche le prebende del ministerone.
Conte, invece, sin dal primo momento ha osteggiato in tutti i modi Draghi, perché Conte è davvero convinto di essere un genio della politica e dell’amministrazione e, circondato come è da giullari vari, non riesce a capire quanto male ha sgovernato, e quanti pasticci ha combinato, ma specialmente, quanta poca capacità prospettica e di ascolto ci ha messo. Conte, in realtà, non vuole il Governo Draghi e cerca di boicottarlo, innanzitutto comportandosi in modo ambiguo e tirando colpi bassi al partito col quale dovrebbe collaborare, il PD, compreso un riferimento sprezzante (e offensivo) alla scuola delle Frattocchie -«Qui nessuno vuole riproporre un partito modello Frattocchie», ha affermato.
Conte vuole governare, e per farlo non gli importa nulla di fare cadere il Governo Draghi, anzi, ci prova e ci proverebbe se diventasse il capo del ‘coso’. Non è certamente Conte una persona capace di pensare in termini di interesse generale: l’avvocato del popolo è principalmente avvocato di sé stesso.
Entrambi, però, Conte e Grillo, non tengono conto del terzo incomodo nella partita. L’unico che in un partito di marionette riesce, talvolta, a cercare di fare il puparo piuttosto che il pupo. Mi riferisco all’orrendo Luigi Di Maio, vuole per intanto ridiventare lui il capo, meglio se di fatto attraverso Giuseppi.
Alle cinque della sera il torero (o il toro) è sceso in campo: puntuale.
Il tono è il solito. Involuto, contorto, ambiguo e ‘rimemnbrante‘. Ha dedicato metà del suo intervento a rammentare le magnifiche cose che ha fatto. Poi dichiara di avere studiato. Grillo lo aveva accusato non solo di non avere le visioni, ma anche di non avere studiato la storia e i documenti del Movimento. E lui, bravo scolaro, dice ‘ho studiato’, come i miei studenti all’Università quando venivano colti a dire sciocchezze, dicevano sempre “ho studiato, guardate professore”, a Napoli il voi è d’obbligo, “il libro è tutto sottolineato e ho fatto appunti!” Bene, Conte ha studiato.
E allora? Vuole fare un partito con uno statuto (finora segreto di Stato) con miriadi di organo e organetti: lo stile del suo Governo. Tutti sappiamo che più comitati fai, meno problemi risolvi. Pare che questo non piaccia a Grillo, che vuole poter fare e dire ciò che vuole fregandosene di ciò che dicono gli organi statutari. E su questo, va riconosciuto, si è impuntato. Non so quante volte ha ripetuto che lui non vuole fare il capo fantoccio, lui vuole essere il leader. Ho già spiegato quanto poco questo termine si attagli a lui ed agli altri capi e capetti politici. Ma tant’è, lui vuole essere il leader e per esserlo deve esser nominato e mai contestato.
Infine, da buon democristiano, è abile nel mettere il cerino in mano agli altri. E infatti, dopo avere lodato il potente aiuto di Vito Crimi, ha detto che consegnerà lo statuto a Grillo e poi (notate la finezza), poi a Crimi, dimenticamdo già lui per primo e prima ancora di fare lo statuto, che Crimi ha una funzione ufficiale, mentre Grillo è niente.
E così la palla passa a Grillo. Immediatamente, univocamente, tutti i commenti sono stati: Conte ha messo Grillo all’angolo.
Ieri, dunque, il visionario ha risposto, invocando la … burocrazia. Lo statuto, cioè il non-statuto prevede che la direzione o quel che è sia eletta dalla ‘base’ (misteriosa) e quindi non può essere Conte quello che decide.
Scusi signor Grillo: ma non è stato proprio Lei ad indicare in Conte la soluzione finale, il capo dei capi, il taumaturgo? Sì, è vero, aveva fatto lo stesso con Giggino e non Le era andata proprio bene, ma insomma. Deve essere proprio vero ‘errare humanum est, perseverare diabolicum’.
E dunque, che cosa dice, per iscritto -notate bene: per iscritto- Grillo? Tanto per cominciare vomita insulti su Conte, definendolo, è il meno, un principe azzurro inutile. Ma specialmente «…Conte, mi dispiace, non potrà risolverli perché non ha né visione politica, né capacità manageriali. Non ha esperienza di organizzazioni, né capacità di innovazione» … hai detto un piffero. Il fatto certo, dice Grillo (ma del resto era ovvio ed evidente), è che Conte non ha visione, il massimo che sa fare è immaginare bozze di statuti, pieni di organi e di comitati.
E poi affonda stentore: «Non possiamo lasciare che un movimento nato per diffondere la democrazia diretta e partecipata si trasformi in un partito unipersonale governato da uno statuto seicentesco». Ecco il vero punto, la cosiddetta democrazia diretta, che passa sopra ad ogni discussione e risolve tutto con un ‘sì‘ o un ‘no‘.
Questo è un punto centrale. È la definizione sintetica, ma chiarissima, del populismo, cioè, per dirlo in modo chiaro e semplice, del fascismo, del peggiore e più bieco fascismo. Referendum a più non posso, e un capo elevato che decide per tutti. Che poi, va detto, è esattamente la stessa posizione di Conte.
Evviva la democrazia.
E poi Grillo convoca le elezioni del direttivo, attraverso la piattaforma Rousseau.
E quindi la chiude lì. Chi è con lui voterà, chi non è con lui voterà nel ‘coso‘ di Conte.
A questo punto, sembrerebbe, i partiti sono diventati due: due stelle e mezzo a testa?
Questa è gente che vive su Marte, che conosce solo il potere, la violenza, l’imposizione dura delle proprie volontà in un clima di ignoranza, di incultura di superficialità che fa letteralmente spavento … ‘sta gente è al Governo e vuole andarci e restarci!
Ora il problema è tutto e solo del PD. O il PD, riesce a ridiventare il PD e non la Democrazia Cristiana sgualcita di Letta, o la situazione è alla fine allo sbrego generalizzato.
Giancarlo Guarino