Hanno sempre ostentato grande ambizione e insopportabile presunzione forti del proprio ruolo ma adesso qualcosa si è rotto, la sceneggiata è finita, il marciume è venuto a galla, almeno stando al risultato delle indagini in corso.  Con la vicenda Palamara tutto crolla miseramente nella voragine della malagiustizia italiana a dimostrazione del fatto che il male che ha investito le toghe ha sostanzialmente la stessa portata che ha coinvolto spesso altri settori come quello politico e imprenditoriale. La conseguenza grave è che lo strapotere di alcuni magistrati ha gravemente danneggiato lo stato di diritto. 
 
Ora se vivessimo in un Paese normale verrebbe spontaneo pensare che sarebbe il momento opportuno di mettere finalmente mano a una questione annosa: la riforma della giustizia. Ma tale operazione sarà possibile o rimarrà una chimera? Certo è che si tratta di un compito arduo e pericoloso per chi volesse tentare di mettere mano al sistema giudiziario in cui incombe il timore di ritorsioni personali, ovvero il rischio di finire nei guai come è realmente toccato a qualche esponente politico che aveva solo tentato un primo approccio al problema. 
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Tra magistratura politicizzata e le lotte intestine tra le varie correnti come fa quindi a funzionare in maniera corretta il nostro ordinamento giudiziario italiano? Un paio di decenni fa la sinistra sosteneva che non era assolutamente possibile riformare la giustizia a causa delle questioni legate a Silvio Berlusconi. Bene, adesso che il Cavaliere non è al centro della scena politica come lo era prima perché non si fa nulla? Ma non si esauriscono qui le problematiche che rendono difficile una vera, autentica, sostanziale riforma al sistema giudiziario nel nostro Paese.

Diciamo inoltre che i magistrati non pagano mai per i propri errori – quante volte si è parlato della responsabilità civile dei magistrati –  e aggiungiamo poi che il carcere preventivo è lungo e senza senso. Non ultimo i sindacati contribuiscono a bloccare il buon funzionamento della giustizia considerando poi che non esiste un Paese con una magistratura più politicizzata della nostra, purtroppo. Con una situazione di questo genere  appare quasi impossibile una vera riforma. Eppure qualcosa bisognerà pur fare.

 
Tante, troppe volte abbiamo visto imprenditori, politici e semplici cittadini travolti da vicende giudiziarie e dopo anni di massacro mediatico e carcere preventivo ne sono usciti completamente assolti per non aver commesso il fatto. Intanto però l’azienda di quell’imprenditore finito nel tritacarne magari ha chiuso i battenti lasciando senza lavoro i dipendenti. Oppure qualche altro si è suicidato. Di tragedie del genere ne abbiamo viste purtroppo. E sarà sempre peggio se non si troverà la maniera di individuare un cambio di rotta che preveda almeno la responsabilità civile dei magistrati, la riforma del Csm e la separazione delle carriere.
Tuttavia va evidenziato una cosa molto semplice: questa benedetta riforma non è ancora stata fatta perché esiste uno strapotere dei magistrati. Questa è la verità. Strapotere che ha certamente influenzato negli anni innanzitutto il Parlamento, di conseguenza la politica e buona parte del sistema informativo “vicino” alle toghe.  Non possiamo dimenticare che alcuni media hanno fatto il pieno di scoop giudiziari in determinati momenti che hanno segnato la storia nazionale. Tanto più è evidente che la politica della sinistra è stata clamorosamente subalterna ai magistrati. Questi ultimi – non sarà un caso vero? –  hanno infatti incrementato in modo consistente la compagine parlamentare dell’area post-comunista. O no? E anche alcuni giornalisti, per anni in trincea contro Berlusconi, in primis, e il centrodestra in generale, si sono visti da un momento all’altro catapultati nelle aule parlamentari. 

 
Ora il terremoto al Csm ha portato alla luce uno spettacolo indecoroso di giochi di potere violento e sconcertante. Giochi di potere, presunti traffici di denaro e accordi sottobanco dove la magistratura si interseca con la politica per pilotare le nomine ai vertici delle procure più importanti d’Italia. Non parliamone poi delle trame che riguardano quella di Roma. Uno tsunami insomma senza precedenti paragonato addirittura da qualcuno come quello della P2, ossia quando i nomi di alcuni togati erano negli elenchi degli affiliati della loggia massonica capeggiata da Licio Gelli.
A mettere sotto la lente di ingrandimento il grave scandalo che ha travolto l’autogoverno dei magistrati  ci hanno pensato i consiglieri durante il plenum straordinario convocato d’urgenza l’altro giorno a Palazzo dei Marescialli per parlare della incandescente faccenda  “mercato delle toghe”. Naturalmente dal summit il Csm ne esce completamente distrutto, la credibilità finisce sotto il tappeto al punto che  quattro consiglieri togati su sedici si sono autosospesi. Mentre un quinto, Luigi Spina, indagato per avere rivelato al pm Luca Palamara dettagli dell’inchiesta per corruzione a suo carico, si era già dimesso.
Eloquenti le parole del vicepresidente del Csm David Ermini che senza mezzi termini ha detto: «O sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti». Ermini dopo aver letto le carte d’inchiesta inviate dalla procura di Perugia si è confrontato con il Capo dello Stato e ha sollecitato l’autosospensione dei due togati che insieme a Palamara si sono incontrati con i parlamentari del Pd Luca Lotti e Cosimo Ferri per discutere degli avvicendamenti alla guida degli uffici giudiziari.
Alla fine ne emerge una immagine deteriorata, squallida, imbarazzante. Ciò significa che il Csm funziona male, anzi malissimo e peggio ancora si rivela essere un centro di intrecci di vergognosa corruzione in cui le regole e la stessa legge ne vengono travolte. Alla fine c’è da augurarsi di non finire mai in un’aula di giustizia perchè finiremmo con l’essere giudicati da magistrati che con ogni probabilità potrebbero fare parte di associazioni politicizzate e peggio ancora, saranno naturalmente le indagini a provarlo, anche corrotte.
Non resta che attendere.