Dell’ipotesi di un Occidente spaccato in due, da un lato, la parte anglosassone, dall’altra l’Unione Europea, i mass-media tradizionali non parlano e la cosa è comprensibile, se si considera la loro appartenenza o dipendenza proprietaria dal mondo delle banche.

Così come nessun giornale o televisione spiega i motivi per cui Inglesi e Statunitensi si sono liberati dall’egemonia dei Paperoni dell’Alta Finanza al fine di recuperare un capitalismo onniproduttivo (e non soltanto o prevalentemente monetario), anche attraverso una revisione di alcuni principi tradizionali sulla libertà di scambio delle merci (re-introduzione di dazi doganali) e di movimento degli individui (chiusura delle frontiere); né illustra le ragioni per cui l’Unione Europea, governata, nell’assenza sostanziale della “politica”, da tecnocrati bancari strettamente collegati con le Centrali di Wall Street e della City, tenta d’impedire ogni passo degli Stati-membri in tale direzione.

Chi si prefigge di comprendere cosa avviene nel mondo Occidentale, in assenza di commenti giornalistici sulla carta stampata o in televisione, deve porre attenzione, da sé, sui fatti che accadono in Europa per ricavarne elementi di conoscenza dei reali termini dei problemi.

Ciò che è avvenuto in Italia e quanto sta accadendo in Francia è sintomatico di quante speranze possa avere la sopravvivenza della democrazia in un regime capitalistico dominato e/o controllato dalle centrali finanziarie dell’Occidente.

In entrambi i due Paesi surricordati, nel corso degli ultimi anni, sono venuti improvvisamente alla ribalta della politica, giovani personaggi piuttosto sconosciuti in precedenza (Matteo Renzi e Luigi Di Maio, in Italia; Emmanuel Macron, in Francia) che hanno dato l’impressione netta di essere stati catapultati da forze occulte alla direzione e alla gestione (o co-gestione) di governi molto importanti nel panorama della vita politica mondiale: sono nati e venuti fuori, praticamente, dal “nulla”.

La vicenda di Matteo Renzi, in Italia, è nota: è partito, lancia in resta, da vero da Rodomonte della politica; ha mostrato subito di essere un leader insolente, attaccabrighe,  autoreferenziale e supponente; ha commesso errori infilandoli l’uno dentro l’altro; è precipitato malamente su una proposta di riforma costituzionale, cervellotica e  scritta con i piedi; è stato messo da parte dai suoi stessi compagni di partito, dopo feroci attacchi dei mass-media tradizionali che non hanno risparmiato la sua famiglia; ora è alla ricerca, piuttosto disperata, di una qualsiasi collocazione di seconda fila.

L’avventura politica di Emmanuel Macron sembra ricalcata sullo stesso schema: il giovane aspirante Presidente è spuntato tra molti candidati ben conosciuti dall’elettorato francese e ha vinto, pur essendo relativamente ignoto al grande pubblico; ha subito sbandato in diverse direzioni in politica internazionale, pur mantenendo sempre gli atteggiamenti di un personaggio immaturo, antipatico e pieno di sicumera; è stato travolto da una serie di violenti disordini di piazza senza precedenti negli ultimi anni di storia patria. Oggi che  la sua poltrona appare in bilico (in Francia sono tanti a chiederne le dimissioni) il silenzio dei mass-media tradizionale è piuttosto….eloquente.

Parzialmente diverso è il caso, italiano, di Luigi Di Maio. Dopo l’insuccesso di Matteo Renzi, da “piattaforme” (probabilmente più considerate negli ambulacri di Wall Street e della City del folklorstico Beppe Grillo, fondatore del Movimento Cinque Stelle) è stato calato nella realtà politica italiana un  nuovo “giovane politico” su cui contare; si è posto subito sulla scia della Sinistra renziana, proponendo riforme da Stato “socialdemocratico avanzato” (reddito di cittadinanza) e opponendosi a investimenti (TAV, TAP,  Terzo Valico e altre); ha subito, però, un forte calo di popolarità sul piano personale e del Movimento che rappresentava, anche perché spesso svillaneggiato da suoi stessi compagni di partito, dal sinistrismo più spinto; è stato investito da una serie notevole di disavventure familiari (violazioni urbanistiche e delle norme sul lavoro da parte del padre); ha dovuto ingoiare “rospi” indigesti da parte di Bruxelles per errori di valutazione sul costo dei provvedimenti per i quali si era battuto.

In definitiva, il giovane  “fuori corso” di Pomigliano d’Arco  sembra destinato a uscire dalla scena politica come il contradaiolo di Valdarno: e il Presidente francese, alle prese con i gilet gialli, non sembra navigare in acque migliori. Tutti e tre sono tardi epigoni di una socialdemocrazia, sconfitta dalla storia nelle sue forme più avanzate e in quelle più moderate,  che è allo sbando in tutta l’Europa continentale, e che potrebbe avere trovato sponsor ricchi e finanziatori generosi proprio nelle sedi di Wall Street e della City.

I problemi che mi pongo ed estendo ai miei lettori sono tanti.

Che cosa hanno in comune questi tre giovani personaggi (se ce l’hanno, ovviamente) e chi, se non il potere monetario occidentale, ha puntato su di loro, rimanendone deluso?  Chi ha deciso di metterli prima in pista, contando sulla novità della scelta e sulla  giovane età dei candidati e pensando poi di metterli da parte brutalmente, quando, a causa dello loro incompetenza, la proposta politica s’è dimostrata disastrosa? Chi ha impedito ai mass-media tradizionali (stampa e televisione) di “difenderli” a oltranza? E’ verosimile che a decretare la loro scomparsa o forte ridimensionamento politico siano stati gli stessi poteri occulti che li avevano lanciati, sorprendendo tutti?

Ultima domanda: in una società sottoposta alla ferrea direzione (occulta ma tenace) di capitalisti meramente finanziari, che si ritengono in grado di condizionare l’opinione pubblica, attraverso  il possesso o il controllo dei mass-media tradizionali, un regime democratico può sopravvivere?

Il consenso popolare può essere a lungo pilotato dall’impiego di ingenti mezzi pecuniari  e da una stampa e da una televisione, totalmente asservite al potere economico ?

La risposta sarebbe certamente deludente per le persone libere, amanti della democrazia, se non vi fossero la rete, i social, in una parola i mezzi offerti da internet e se non fossero sorti i produttori di beni immateriali, finanziariamente potenti quasi come le stesse banche.

gilet gialli si sono convocati senza l’aiuto di stampa e televisione e nello stesso modo sono prevalsi Brexit e Donalf Trump, dimostrando che il “voto di pancia” può avere anche prospettive di successo.

Certo. I due millenni di soggezione dell’Europa a regimi assolutistici di varia origine e natura e la mancanza di un pensiero veramente libero, empirico e pragmatico rendono la situazione da noi più difficile. La speranza, però, deve sempre essere l’ultima a morire!  E ad alimentarla, potrebbe essere il risultato delle prossime elezioni europee.