di Sandro Sanna

Il PRI ritiene che il Parlamento Italiano debba urgentemente riappropriarsi delle competenze legislative in materia di sanità, ambiente ed igiene pubblica.

L’obbligatorietà delle vaccinazioni imposta per decreto legge, oggi 20 maggio, ancora non pubblicato, riapre l’ormai antica questione della incapacità della nostra classe politica di legiferare secondo scienza e coscienza. Oggi i nostri governanti scoprono che le vaccinazioni sono necessarie per garantire l’eliminazione e la riduzione del carico delle malattie infettive prevenibili da vaccino e che, rappresentando una priorità per il Paese, debbano nuovamente essere rese obbligatorie sull’intero territorio nazionale. Bene, ma è quello che dal 1888 veniva garantito dalle leggi nazionali attraverso l’opera degli allora ufficiali sanitari, dai medici condotti e dagli uffici di igiene e profilassi che garantivano, attraverso un efficientissimo servizio comunale, le vaccinazioni, con richiami, scadenze e quant’altro. Non voglio qui ripercorrere la nefasta scelta di delegare alle regioni anche il potere legislativo in tema di salute ed igiene pubblica.

In Italia avevamo la figura dell’ufficiale sanitario, funzionario pubblico preposto all’ufficio sanitario del Comune, incaricato del servizio di vigilanza igienica e profilassi. Questa figura fu introdotta nell’ordinamento italiano dalla legge 22 dicembre 1888, n. 5849 (legge sulla tutela dell’igiene e della sanità pubblica), poi soppressa dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale). Le sue funzioni furono trasferite all’unità sanitaria locale, ora azienda sanitaria locale, che le esercita attraverso il proprio dipartimento di prevenzione. Il R.D. 1265/1934 pose l’ufficiale sanitario alle dipendenze del sindaco o del presidente del consorzio e al contempo, in quanto organo periferico dello Stato, dell’autorità sanitaria provinciale. La legge 13 marzo 1958, n. 296, istitutiva del Ministero della sanità, lo configurò quale organo periferico del medesimo e il successivo D.P.R. 11 febbraio 1961, n. 264, precisò che nell’esercizio delle relative funzioni dipendeva direttamente dal medico provinciale. Con il trasferimento delle funzioni statali alle regioni, operato dal D.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, l’ufficiale sanitario divenne organo periferico di queste.

Ora, il consiglio dei ministri che ha licenziato questo decreto legge “fantasma”, sembra non aver tenuto conto del fatto che con quest’atto si sono invase competenze regionali e che, pertanto, è possibile che lo stesso venga impugnato per anticostituzionalità. Ma forse si è voluto utilizzare un tema sensibile per creare una situazione di conflitto perenne tra opposte fazione e distogliere così l’attenzione dei cittadini da altri problemi che attanagliano il Paese.