di Domenico Ricciotti

imagesDopo il 27 gennaio, giorno dedicato al ricordo della Shoah, il 10 febbraio per noi italiani, se ci è ancora consentito questo linguaggio non politicamente corretto, vi è un altro giorni di fondamentale memoria per la nostra comune storia di italiani.

La memoria nazionale per il giorno 10 febbraio corre inevitabilmente al ricordo delle vittime italiane giuliano-dalmate trucidate selvaggiamente e senza alcuna pietà dai partigiani titini, i comunisti della nascente Yugoslavia. Questi nostri fratelli italiani subirono una spietata pulizia etnica e il martirio per il semplice fatto che erano italiani, quindi, nell’aberrante follia comunista italiano equivaleva a fascista. Invece, era solo una spregiudicata azione politica di eliminazione delle popolazioni di lingua e cultura italiana da cancellare dall’Istria e dalla Dalmazia, porzioni di territorio da occupare. E nel più doloroso dei modi possibili. La visione comunista del maresciallo Tito non poteva permettere che potessero esistere sacche di potenziale attaccamento ad uno stato dell’occidente capitalistico come l’Italia nei territory che voleva conquistare ad ogni costo.

Ma c’è dell’altro!

In qual modo si sarebbe dovuta compiere questa micidiale pulizia etnica? Le truppe partigiane comuniste titine ricevettero l’ordine di rastrellare tutti gli italiani, raggrupparli, portarli sul Carso, nelle vicinanze delle doline, legarli assieme uno alla volta con del filo spinato sparare solamente al primo sul limite della foiba e cosi farli precipitare con un salto di svariate decine di metri e lasciarli morire per le ferite, il dolore delle fratture e delle ferite del filo spinato, e soprattutto di fame. In fondo alla foiba nessuno ne avrebbe potuto sentire i lamenti e le urla di dolore, nessuna richiesta di soccorso sarebbe uscita da quella fossa comune, nessun soccorso li avrebbe potuti salvare, nessuna traccia sarebbe uscita da quell’apertura sull’inferno.

Ma di tutta questa storia, quel che fa male ancor oggi, è stato l’assordante silenzio che i comunisti italiani fecero cadere sull’infamia compiuta dai loro compagni yugoslavi e, perfino quando tutta questa triste vicenda venne alla luce e finalmente si iniziò la pietosa opera di recupero dell salme ormai completamente decomposte e quasi irriconoscibili, ancora gli ultimi irriducibili negarono e negheranno sempre quei terribili fatti e ancora in questi giorni alcuni non intendono fare memoria della pulizia etnica anti italiana, rendendo omaggio a quelle vittime innocenti di una ideologia di morte eper non dover fare ammenda dei loro errori e della loro ignavia e dellaloro perfida codardia.

Il 10 febbraio sia invece un giorno di unione fraterna tra gli italiani, senza alcuna divisione ideologica, perche’ i morti innocenti sono morti di tutti, le vittime non hanno colore politico e neppure lo ha il dolore e la sofferenza delle donne e degli uomini, dei vecchi e dei bambini. Anche i comunisti di allora possono oggi piangere quelle vittime, in quanto qualcuno ebbe parenti, o amici, o commilitoni tra gli infoibati. Ma non solo. Il ricordo non deve però portare alla cancellazione delle responsabilità. Infatti, alcuni reparti, tra i piu’ ideologizzati fincheggiarono l’azione anti italiana dei titini e, perfino, un grande poeta, letterato e cineasta italiano di sinistra come Pier Paolo Pasolini perse suo fratello Guido, partigiano azionista con il nome di battaglia di Ermes delle brigate bianche (brigata partigiana Osoppo), trucidato a tradimento dai partigiani rossi nell’eccidio di Porzus.

Nel 1948 Pasolini scrisse queste parole quasi profetiche, di quanto la storia ha chiesto conto ai comunisti: “i miei compagni comunisti farebbero bene, io credo, ad accettare la responsabilità, a prepararsi a scontare, dato che questo e’ l’unico modo per cancellare quella macchia rossa di sangue che è ben visibile sul rosso della loro bandiera”. E la storia ha di fatto cancellato sia i partiti, che al comunismo si richiamano, e sia le cosiddette repubbliche popolari rette dalla famigerata dittatura del proletariato.

Oggi, malgrado che vi siano ancora alcuni irriducibili nostalgici, che ancora non hanno fatto i conti con la propria storia, il pericolo maggiore che si corre è sicuramente la cancellazione della memoria collettiva, perché non si vuole mantenere un’identità nazionale, ma si vuole cancellare ogni singola differenza: non ci sono più gli italiani, ma esistono gli europei; non c’è differenza di sesso, ma solo di un ipotetico genere; non c’e’ piu’ alcuna differenza tra padre e madre, ma esistono solo il genitore uno e il genitore due. Tuttavia, l’unica differenza che non riusciranno mai a cancellare è tra chi sa e chi non sa, tra cultura e ignoranza. Per questo continuano a riformare la scuola. Non si vogliono uomini preparati che sappiano ragionare con la propria testa, ma fornire solamente operai e impiegati per le aziende, quindi solo una massificante mano d’opera.