Crescono inflazione e tassi d’interesse, il costo del denaro aumenta e le banche gongolano. A farne le spese soprattutto chi ha un mutuo variabile. Gli aumenti non si ripercuotono negativamente solo sulle  famiglie ma anche sulle imprese sotto forma di rincari su prestiti e mutui 

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La Borsa festeggia a suon di rialzi mentre un mare di azionisti incasserà ricchi dividendi. Dopo anni di tassi d’interesse vicini allo zero l’aumento del costo del denaro ha messo il turbo ai profitti delle banche.

Andamenti di mercato che non sono certo una semplice casualità ma la mera conseguenza di astute dinamiche economico-finanziarie che trovano una regia ben identificabile da parte di coloro che detengono le leve di potere dei grandi istituti di credito che finiscono per colpire, come al solito, chi ha meno possibilità e magari si trova in una eventuale esposizione debitoria.

Il fenomeno, soffermandoci nell’ambiente domestico che maggiormente soffre e subisce la diabolica giostra innescata dalle lobby bancarie in grado di influenzare – a proprio vantaggio naturalmente – il costo del denaro, interessa circa una famiglia su quattro tenendo in considerazione che in Italia ci sono poco meno di 7 milioni di famiglie indebitate. Di queste oltre 3 milioni hanno un mutuo per l’acquisto di una casa che ora pesa come un macigno. E questo va sottolineato  perché purtroppo il rialzo dei tassi va a colpire particolarmente gli interessi sui finanziamenti per l’abitazione. Stesso salasso tocca a molte imprese che in sofferenza rischiano l’insolvenza.

David SASSOLI - EP President meets with Christine LAGARDE, candidate for the position of ECB President

La responsabile della Banca centrale europea Christine Lagarde promette di fare di tutto per cercare di limitare l’inflazione al 2 per cento ma intanto i tassi d’interesse salgono con una rapidità stupefacente. La decisione della presidente della Bce, che racconta di voler combattere l’inflazione volata otre il 10%, ha come obiettivo di riportare i prezzi attorno al target, come detto, del 2%. Sarà possibile? Quando avverrà il miracolo? Siamo disposti a fidarci della “signora di Francoforte con i foulard di Hermès”? Di sicuro in questo marasma di rincari una certezza c’è: a pagare il prezzo più salato sono le famiglie. Il resto sono chiacchiere.

Da noi oggi l’inflazione galoppa a dismisura, lo vediamo per le materie prime e per l’energia con bollette a prezzi altissimi. Nel mese di luglio dello scorso anno la Banca centrale europea ha alzato il costo del denaro per ben sei volte, portando il tasso di riferimento nell’eurozona al 3,50%, livello più alto dal 2008. E le critiche degli esperti si sono fatte sentire, soprattutto da parte italiana.

Ma al peggio non c’è mai fine e i guai non sembrano essere finiti qui. Gli esperti, dati Euribor alla mano, analizzando il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie tra le principali banche europee, affermano che sono previsti ulteriori aumenti per quanto riguarda le rette mensili dei mutui. Solo a partire dal 2024 si prevede una lenta decrescita dei tassi di interesse grazie alle previsioni sulla diminuzione dell’inflazione.

Ora non avevamo certo bisogno che ce lo dicesse lei ma, ne prendiamo atto, la numero uno della Bce Lagarde teme adesso che molti clienti, letteralmente strozzati dai costi insostenibili dei tassi, possano diventare morosi e di conseguenza ha suggerito delle possibili soluzioni per evitare il peggio. Di certo esiste la possibilità per ogni singola banca di poter rinegoziare i mutui, ma toh, guarda caso, gli istituti di credito non sembrano proprio intenzionati ad applicare sconti.

Attorno al tema del rialzo dei tassi, oltre agli effetti devastanti su famiglie e attività imprenditoriali, non va sottovalutato un ulteriore passaggio: tali interventi comportano come ricaduta un aumento significativo dei costi del debito pubblico dei governi in termini di interessi. Ciò significa una maggiore spesa per lo Stato che dovrà essere affrontata inevitabilmente con altre stangate: o aumento delle tasse o una riduzione della spesa pubblica. Tradotto in parole povere  vuol dire meno servizi e meno prestazioni assistenziali per le fasce più deboli. Tanto per cambiare. (m.a.)