Indagata, non condannata. Quindi al momento innocente. Ma non c’è pace per Chiara Ferragni, la nota influencer da più di un mese investita dallo scandalo che ne sta minando l’immagine pubblica. La moglie di Fedez risulta infatti indagata non solo per il pandoro-gate o per la donazione inerente alle uova di pasqua, ma anche per il caso della bambola Trudi finita negli scorsi giorni al centro dell’attenzione dei media.

L’ipotesi di truffa aggravata avanzata dalla procura di Milano comprende dunque tre diverse campagne di marketing condotte da Ferragni: il pandoro “Pink Christmas” di Balocco, le uova di Pasqua di Dolci Preziosi e una bambola prodotta da Trudi. Le accuse si riferiscono a presunte irregolarità nelle pratiche di finanziamento di iniziative contro il cyberbullismo, l’omofobia oppure a favore degli ospedali, attraverso la vendita dei prodotti sopracitati. La TBS crew Srl, società controllata da Ferragni, aveva già risposto alle accuse dichiarando: “I ricavi derivanti dalle vendite di tale bambola avvenute tramite l’e-commerce The Blonde Salad, al netto delle commissioni di vendita pagate da TBS al provider esterno che gestiva la piattaforma e-commerce, sono stati donati all’associazione Stomp Out Bullying nel luglio 2019″. Questo è ciò che emerge da una nota di TBS, a dimostrazione della coerenza tra quanto comunicato sui canali social e quanto effettivamente avvenuto. La società gestita da Ferragni aveva inoltre voluto precisare che l’impegno a favore dell’associazione Stomp Out Bullying era limitato “esclusivamente alle vendite delle bambole fatte sul canale e-commerce diretto e non anche su altri canali gestiti da terzi”.

Questo scenario giuridico si è venuto a creare a seguito dell’atto presentato lo scorso giovedì dalla Procura milanese, che ha sollevato davanti al Pg di Cassazione il conflitto tra uffici del pm sulla competenza ad indagare sul caso Ferragni. A “litigarsi” la paternità delle indagini sono infatti la procura meneghina, ad opera del procuratore aggiunto Eugenio Fusco, e quella di Cuneo. Ovviamente le accuse di “truffa aggravata” devono ancora essere provate. E non è escluso che, alla fine delle indagini, i magistrati titolati a capire cosa è successa chiedano l’archiviazione.

Nicola Porro