Non sarà un Papa di transizione. Non un Papa “americano” nel senso politico del termine, ma un Papa globale con ferme radici occidentali e una profonda sensibilità sudamericana
L’elezione di Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, rappresenta una svolta epocale per la Chiesa cattolica. Con la fumata bianca dell’8 maggio 2025, il Conclave ha scelto un profilo capace di unire tradizione e coraggio, spiritualità e visione politica.
Ma soprattutto, ha scelto il primo Papa statunitense nella storia della Chiesa. Una provenienza geografica che, in un’epoca di forti tensioni internazionali, ha generato immediati interrogativi. Eppure, il nuovo Pontefice ha già mostrato che la sua identità non coincide affatto con quella di una certa politica americana.
Papa americano, ma non “di Trump”
Nato a Chicago, con radici francesi e spagnole e una lunga esperienza pastorale in America Latina, Leone XIV non può essere letto con la lente semplicistica di un allineamento alla politica repubblicana o trumpiana.
Il nuovo Papa ha già dimostrato autonomia, fermezza e chiarezza nelle sue prime parole da Pontefice. Ha salutato i fedeli con un sobrio “La pace sia con tutti voi”, e nel suo discorso ha ribadito la necessità di una “pace disarmata e disarmante”. Nessuna strizzata d’occhio alla politica muscolare, ma un richiamo alla giustizia, alla responsabilità e al dialogo globale.
Missionario e sociale
Leone XIV è un vescovo missionario. Per anni ha servito nelle comunità più povere del Perù, dove ha maturato un forte legame con le periferie del mondo, come già aveva fatto Papa Francesco. È stato priore agostiniano, poi vescovo a Chicago, e infine Prefetto del Dicastero per i vescovi. Il suo percorso lo ha reso un uomo di Chiesa concreto, sensibile alle dinamiche sociali e spirituali, capace di ascoltare e agire.
La scelta del nome Leone XIV richiama il pontificato di Leone XIII, autore della storica enciclica Rerum Novarum, manifesto della dottrina sociale della Chiesa. Una chiara indicazione dell’orizzonte che il nuovo Papa intende abbracciare: giustizia sociale, dignità del lavoro, attenzione agli ultimi.
Ritorno al simbolo, ma senza ostentazione
Nel suo primo affaccio dalla loggia di San Pietro, Leone XIV ha indossato la mucetta rossa, la stola bordata e la croce dorata, ripristinando una parte della vestizione papale che Papa Francesco aveva volutamente lasciato da parte. Un gesto non privo di significato: recuperare la solennità del ruolo, senza abbandonare l’umiltà evangelica. Nessun trionfalismo, ma un messaggio visivo chiaro: la Chiesa deve essere autorevole, ma non autoritaria.
Continuità e discontinuità
Se da un lato Leone XIV ha manifestato la volontà di proseguire il cammino sinodale, valorizzando la dimensione missionaria e accogliente della Chiesa, dall’altro ha già mostrato uno stile più diretto, più istituzionale, più definito. Non teme le parole forti, né le scelte simboliche.
Si profila, quindi, un pontificato di transizione attiva, in cui la Chiesa sarà chiamata a prendere posizione su temi cruciali: ambiente, pace, povertà, ruolo delle donne, sessualità, e rapporto con la scienza.
Un Pontificato che guarda al mondo
In un momento storico segnato da guerre, emergenze ambientali e derive populiste, Leone XIV si propone come voce universale di equilibrio e verità. Non un Papa “americano” nel senso politico del termine, ma un Papa globale con ferme radici occidentali e una profonda sensibilità sudamericana. Il suo passato missionario e la sua preparazione teologica lo rendono un profilo adatto ad affrontare le sfide complesse che attendono la Chiesa nei prossimi decenni.
Leone XIV non sarà un Papa di transizione. Sarà un Papa di decisione. La sua elezione segna l’inizio di una nuova fase per la Chiesa: non più solo chiamata ad accompagnare, ma a guidare. Non più solo in ascolto del mondo, ma pronta a rispondere con chiarezza, senza cedere all’ideologia. Il primo Papa americano non sarà il simbolo di una Chiesa politicizzata, ma potrebbe diventare il volto di una Chiesa più consapevole del proprio ruolo storico, spirituale e sociale.
Antonella Gramigna – Atlantico