Il servizio segreto interno ha aggravato la classificazione del partito della Weidel, ora “pericolo per la democrazia”: incredibile
In Germania si alza il tiro contro l’Afd, il partito che – piaccia o no – oggi guida i sondaggi ed è in corsa per diventare la prima forza del Paese. I fatti sono noti: l’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bfv), ovvero i servizi segreti interni, ha ufficialmente classificato l’Afd come formazione di “estrema destra”, accusandola di promuovere un’idea “etnica-nazionale” del popolo incompatibile con i valori democratici. E per molti Berlino sembra voler imboccare la strada del silenziamento politico.
Un’accusa pesante, che consente ora ai servizi di mettere sotto sorveglianza l’intero partito e non più solo alcune sue ramificazioni locali. “Un attacco politico. Così si colpisce la democrazia, non la si difende”, il primo commento dei leader partito. E in effetti la tempistica è particolarmente singolare: proprio mentre l’Afd vola nei sondaggi, arriva la stretta degli apparati. La decisione consente ai servizi di controllare in maniera più serrata e approfondita il partito anche se restano salvi i suoi diritti, anche di rivolgersi alla magistratura se il controllo dovesse rivelarsi eccessivo e sproporzionato. Vi sembra normale?
Dal governo Scholz hanno respinto ogni accusa: la ministra dell’Interno uscente Nancy Faeser ha assicurato che la decisione è “tecnica”, non politica, e che non esiste al momento alcun automatismo verso lo scioglimento del partito. Tuttavia, ha aggiunto che “non si può escludere nulla”. Il Cancelliere uscente stesso, consapevole del rischio di una mossa avventata, ha invitato alla prudenza. Una mossa furba, ma soprattutto di buonsenso. Anche se altri a sinistra non hanno seguito il suo esempio, confermando di non avere alcun rispetto per le regole democratiche ma di pensare solo alle (poche) poltrone che si giocano.
Il vero nodo, però, resta politico: secondo il Bfv, l’Afd promuoverebbe sistematicamente campagne contro migranti, musulmani e rifugiati. Tanto basta, a quanto pare, per giustificare una sorveglianza speciale. Ma il paradosso è evidente: si parla di mettere sotto controllo un partito votato da un quarto degli elettori tedeschi. E la storia tedesca offre precedenti rari e delicatissimi. L’ultima volta che fu messo al bando un partito risale agli anni Cinquanta, quando toccò ai comunisti. Più di recente, la Corte Costituzionale rifiutò di sciogliere il partito neonazista Npd, considerandolo sì pericoloso, ma non in grado di minacciare l’ordinamento democratico. Ma oggi l’Afd è ben più radicata e rappresentativa. I numeri parlano chiaro: l’Afd, che alle elezioni del 24 febbraio ha raggiunto il 20,8% dei consensi, arrivando seconda dopo l’Unione di Friedrich Merz che prese il 28,6%, è attualmente in testa nei sondaggi. Stando al Forsa del 29 aprile, il partito avrebbe il 26% delle preferenze contro il 24% della Cdu.
La democrazia che fa i conti con le sue contraddizioni. Il caso dell’Afd va monitorato perchè potrebbe rappresentare uno spartiacque, specialmente dopo i casi registrati in Romania con Georgescu, in Francia con Le Pen e in Spagna con Vox. La sensazione è che le istituzioni vogliano sostituirsi agli elettori. Il pericolo è dietro l’angolo: oltre a screditare e criminalizzare il partito più votato del Paese, la decisione dell’Ufficio federale per la Protezione della Costituzione potrebbe spingere il Parlamento a dichiarare l’Afd fuorilegge. Così da rendere facile la vita ai partiti tradizionali. Semplicemente incredibile. Per non dire altro. Fortunatamente una misura del genere è considerata poco probabile, poiché le barriere costituzionali per un bando di questo tipo sono molto alte, ma già solo l’ipotesi dovrebbe spingere a una riflessione sullo stato della democrazia in Germania e più in generale in Europa.
Non resta che monitorare la situazione e vedere se il nuovo governo avrà il coraggio di perseguire la messa al bando dell’Afd, ossia del primo partito d’opposizione, in un momento particolarmente delicato per il Paese. I rischi sono visibili ad occhio nudo: il malcontento per la gestione della politica e dell’economia potrebbe esplodere e convogliare altri voti verso il partito della Weidel. A Berlino forse non lo hanno capito, ma i tedeschi sono stufi…
Franco Lodige – nicolaporro.it – Atlantico