Il conflitto Magistratura Politica è tornato ancora una volta
d’attualità. Mi sembra come un eterno tormentone che riaffiora
sempre. È ovvio, i poteri dello Stato, sono autonomi ed indipendenti
e talvolta inevitabilmente si scontrano. Avviene poco tra Parlamento
e Governo, perché la nostra Costituzione ha lasciato modesti poteri
in reale autonomia all’Esecutivo, mettendolo di fatto sotto una
forma di stabile dipendenza dalle Camere, non soltanto perché da
esse riceve la fiducia, ma perché non gli è stato riservato alcun
potere in campo legislativo, neppure per questioni di ordinaria
amministrazione. Ad esso è stato assegnato soltanto, nei casi di
straordinaria necessità ed urgenza il ricorso, che quindi si è
inflazionato, al decreto legge e che sovente le Camere, in sede di
conversione, stravolgono, salvo dover porre la questione di fiducia
per imporre talvolta ai parlamentari recalcitranti di approvare un
testo legislativo secondo gl’intenti dell’Esecutivo.
La questione è completamente diversa nei  confronti dell’amministrazione giudiziaria, che, pur non avendo riconosciutodalla Carta Fondamentale un vero e proprio potere, da qui la denominazione di Ordine, di fatto lo esercita in totale indipendenza
ed autonomia. Durante il primo quarantennio della vita
repubblicana i due poteri si sono fronteggiati, senza quasi mai
scontrarsi. Talvolta anzi la magistratura è apparsa sottomessa ad
una politica, che sapeva esercitare il proprio primato. Infatti su molti
processi, anche per fatti clamorosi e gravissimi, si è arrivati a
decisioni opinabili di insufficienza di prove o a proscioglimenti di
chiara ispirazione politica.
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Un notevole cambiamento nei rapporti
ebbe origine quando una considerevole infiltrazione di elementi
fortemente motivati politicamente e sostenuti dal Partito
Comunista, ottennero posizioni rilevanti, anche grazie alla
lottizzazione degli incarichi dirigenziali.Tale fenomeno fu la naturale
conseguenza della politicizzazione del CSM, che, sia pure
chiamandole correnti, portò di fatto i partiti in seno alla
magistratura, costringendo anche i giudici bravi, ma non schierati, a
prendere una posizione per poter essere protetti nell’avanzamento
di carriera dai propri rappresentanti in seno all’Organo di
autogoverno. Il prevalere assoluto delle correnti più di sinistra aprì
una fase di pericolosa egemonia giudiziaria, che dette luogo al
fenomeno cosiddetto di mani pulite, con l’accanimento delle
Procure nei confronti dei rappresentanti di alcune aree politiche e la
completa distrazione, anche quando esistevano prove schiaccianti,
rispetto ad altri settori, considerati vicini, o che, sovente, avevano
avuto la regia di alcune clamorose iniziative. Fortunatamente la
saggezza e l’indipendenza dei magistrati giudicanti, sia in primo
grado, ma principalmente, in appello ed in Cassazione, ha poi ridimensionato molti fatti. Tuttavia il latte era stato versato.
L’enorme amplificazione mediatica aveva scatenato una reazione
popolare contro la casta, non più contenibile, che portò non soltanto
al rapido crollo della Prima Repubblica, ma ad una diffidenza nei
confronti di tutto quanto venne dopo, con il risultato che, non solo la
politica perse il suo primato, ma fu relegata ad uno stato di perenne
sospetto, tanto che nel tempo ha perso tutta la sua credibilità. La
naturale conseguenza è che la parte migliore del Paese si è
allontanata dall’agone politico e sono stati promossi, forse senza
sapere neanche come, al rango di parlamentari, ministri o
sottosegretari, disoccupati, porta borse, persone senza alcun titolo
di studio e senza mestiere, che hanno definitivamente fatto perdere
ogni autorevolezza agli organi di rappresentanza della sovranità
popolare, i quali invece, nel disegno della nostra costituzione,
dovevano stare al vertice della piramide.
Camera-Deputati
Qualcuno a questo punto  ha persino pensato che sarebbe possibile abolire il Parlamento, sostituendolo con periodiche consultazioni on line dei cittadini ed ha osato proporlo. Voltaire, Montesquieu, Toqueville, Locke, Smith, Stuart Mill, Beccaria, Einaudi, Croce, per citarne solo alcuni, si rivoltano nella tomba. Ma chi sono costoro! solo dei morti e quindi morto è anche il loro pensiero, così la pensano i nostri eroi.
In un simile contesto non può meravigliare che ritorni, forse anche
più feroce di prima, lo scontro tra politica e magistratura. Per una
legge della fisica, alla debolezza di un potere se ne contrappone
un’altro, affermando la propria forza, innanzi tutto intimidatoria e,
semmai successivamente, sanzionatoria, se dovesse riuscire a
sottomettere anche la magistratura giudicante. La strada del
Governo dei giudici è così aperta, anzi spalancata: con il paradosso
che un semplice concorso pubblico consentirebbe di accedere al
vero potere di guidare il Paese. Personalmente concordo con chi
disse che al migliore Governo dei giudici, preferiva di gran lunga il
peggiore di politici eletti dal popolo, almeno quest’ultimo è il titolare
delle sovranità.
A mio avviso il vulnus della inarrestabile attuale deriva è
riconducibile alla modifica dell’articolo 68 della Costituzione, che un
Parlamento sotto ricatto, vigliaccamente, decise di approvare, sia
pure, per quel poco che possa valere, (lo rivendico tuttavia con
orgoglio) col mio voto contrario. La riduzione dei margini
dell’immunità parlamentare è stato il primo, gravissimo cedimento.
Il resto della storia era già scritto. La vulgata infatti ha accreditato
che si trattasse di eliminare un privilegio del singolo deputato,
mentre, come ci insegna il pensiero Illuminista, in particolare quello
britannico, si tratta di una garanzia a favore dell’indipendenza
dell’Istituto parlamentare, di cui nessun sovrano, nessun giudice,
nessun dittatore, può modificare a suo favore il quorum di
maggioranza, garantito appunto dall’immunità.
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Tutto questo complesso travaglio oggi è ignoto. Eserciti di
analfabeti alzano la voce e si danno ragione. Lo Stato di diritto è
morto, l’equilibrio dei poteri stravolto. I social media dettano legge.
Tutto questo molti non lo sanno, altri cercano di nasconderlo,
perché perseguono cinicamente l’intento di minare alla base le
istituzioni libere e democratiche del Paese, ed in gran parte sono
riusciti nel loro intento. Francamente non so se nel nuovo scontro
che si sta aprendo esistano ancora i margini per opporsi o se non
resta che rassegnarsi alla fine della democrazia liberale come
l’abbiamo conosciuta, per cedere il passo ad un populismo
inevitabilmente autoritario e soprattutto becero ed ignorante, che
appare travolgente ed ha l’obiettivo di cancellare i riti considerati
inutili della democrazia e soffocare la nostra libertà .
di Stefano de Luca – Rivoluzione Liberale