Sembrava che la situazione dovesse restituire uno schema tripolare ma di questo passo pare delinearsi all’orizzonte un nuovo bipolarismo in cui la partita se la giocheranno Berlusconi e Grillo mentre per il Pd e il resto dei cespugli sinistrorsi incombe notte fonda.  Poco prima della mezzanotte di ieri lo spoglio è stato ultimato e la Sicilia ha espresso il suo verdetto finale: il candidato della coalizione di centrodestra Nello Musumeci è  il nuovo presidente della Regione, grazie al quasi 40% dei consensi. Il diretto antagonista, Giancarlo Cancelleri del M5s , si ferma al 34,6% (722.555); Fabrizio Micari del centrosinistra 18,65% (388.886); Claudio Fava della Sinistra 6,1% (128.157); l’indipendentista Roberto La Rosa 0,7 (14.656). L’affluenza si e’ attestata al 46,76% (-0,65%, 2.179.474 elettori) e i voti validi sono stati 2.085.075. Astensione dunque profonda in cui  i pentastellati, come forza antisistema,  avrebbero dovuto fare breccia strappando una vittoria che sarebbe passata alla storia.. Ma così non è andata, i grillini, pur diventando il primo partito, non sono riusciti a calamitare quella parte di elettorato che non ne vuole più sapere di nessuno.
 Con questo giro delle elezioni siciliane saltano improvvisamente molti equilibri politici e pone una pietra tombale sulla  sfida diretta tra Pd e il Movimento 5 Stelle. Crolla infatti l’argine della sinistra che fino a poche ore fa sembrava fosse l’unico muro in grado di bloccare l’avanzata dei grillini. Anzi, dai dati scaturiti dalle urne circa l’8% degli elettori dem ha preferito dare fiducia al pentastellato  Cancellieri girando quindi le spalle al candidato renziano Micari lasciando alla fine a Musumeci il ruolo di sponda in grado (per ora) di rallentare l’avanzata della compagine grillina. Difficile ora è stabilire se tale schema potrà tradursi in una tendenza nazionale . Certo è comunque che la vittoria del centrodestra e la débâcle della sinistra arriva da lontano. Basti pensare a come è andata la competizione elettorale a Genova che ha anticipato la corsa alle Regione Liguria, oppure il risultato emerso in città come Torino e Roma. Realtà che davano sostanzialmente un quadro  tripolare in cui  la sfida principale era tra M5S e Pd con un  centrodestra inchiodato in terza posizione e che sembrava destinato al ruolo  di inseguitore. Tutto questo, però, adesso è saltato. Le parti sono cambiate. Ora il duello si consuma di fatto tra Berlusconi e Grillo mentre per la sinistra è la totale disfatta. Del resto l’asse centrodestra-M5S lo ritroviamo pure a Ostia dove al ballottaggio se la giocheranno la candidata grillina e quella schierata da Fratelli d’Italia. Anche in questo caso  Renzi è finito all’angolo e per lui è arrivata la resa dei conti tutta interna: la fronda del malpancisti si sta rafforzando con l’obiettivo di togliersi di torno un segretario che sa fare bene solo una cosa: dividere e perdere consensi.
Dando un’occhiata ai voti espressi si evidenzia la indiscussa vittoria personale di Silvio Berlusconi  che incassando il 16% di consenso rimane saldamente a capo del fronte di centrodestra. Determinante per la coalizione l’apporto della lista “Sarà Bellissima” di Musumeci che si attesta al 7%. Modesto ma non da sottovalutare (era del resto prevedibile) il bottino racimolato da  Meloni e Salvini che insieme portano un 5% forse sufficiente per una rappresentanza in consiglio regionale.
Il Movimento 5 Stelle non sfonda, certo, ma esce dalla corsa come primo partito e questo anche grazie alla capacità di attrarre consensi che prima convogliavano a sinistra. La squadra di Micari si è dimostrata infatti inefficace, un disastro che dovrà indurre un  Pd ormai divenuto un apparato al servizio di Renzi  a fare autocritica. Piaccia o non piaccia.
Alle  regionali siciliane si è assistito anche alle esequie di Alleanza Popolare, il pseudo-partito inventato da  Alfano, siciliano doc: il verdetto è umiliante e assegna un misero 4% che addirittura lo taglia fuori dal parlamento della sua stessa Regione e segna probabilmente la sua definitiva estinzione. E nessuno ne sentirà la mancanza.