Tra pochi giorni, ed esattamente verso la sera del 4 Novembre prossimo, sapremo chi sarà il prossimo Presidente americano, se Donald Trump o Joseph Biden.

Ciò di cui si parla poco anche se, dal punto di vista politico l’importanza è massima, è che contemporaneamente al voto per il Presidente gli americani sceglieranno anche 435 deputati per il Congresso e 33 nuovi membri del Senato. Infatti, negli Stati Uniti ogni due anni si rinnovano tutti i rappresentanti del Congresso e 1/3 dei 100 Senatori.

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I primi sono eletti in ogni Stato con un sistema proporzionale al numero degli abitanti. I secondi sono invece sempre due per ogni Stato. Attualmente, la maggioranza del Congresso è nettamente a favore del Partito Democratico mentre al Senato i Repubblicani sono 53 contro 47. In realtà, i membri del Partito Democratico al Senato sono solo 45 ma 2 sono indipendenti seppur considerati vicino ai Democratici. Si tratta del Senatore Bernie Sanders, eletto nel Vermont, e di Angus King, eletto nel Maine.

L’importanza di queste elezioni risiede nel sistema americano che dà un grande potere esecutivo al Presidente ma che bilancia la sua libertà d’azione con la possibilità che le due Camere possano bocciare, e quindi impedire, le decisioni prese da lui.

Avere in entrambe le Camere una maggioranza omogenea al partito del Presidente rende molto più forte il suo potere. Dover essere, al contrario, oggetto di un voto contrario di una delle due limita di molto la libertà d’azione degli inquilini della Casa Bianca.

PREVISIONI

Per l’attuale voto al Congresso le previsioni dei sondaggisti dicono che il Partito Democratico potrebbe riconfermare la propria prevalenza.

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Al Senato le cose sembrano motto più incerte. Gli Stati in cui verranno scelti i Senatori in queste elezioni sono: Michigan, Alabama, Colorado, Arizona, Iowa, North Carolina, Maine, Georgia, Montana, Kansas, Arkansas e South Carolina.

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In Michigan e Alabama gli uscenti sono Senatori Democratici e le previsioni confermerebbero lo stesso risultato nel Michigan mentre è a rischio il risultato in Alabama. In altri cinque Stati, dal Colorado al Maine, gli uscenti sono Repubblicani ma i sondaggi sembrano favorevoli ai candidati Democratici. Nel restante degli Stati sembrerebbe che i Repubblicani abbiano le maggiori chances.

Tirando le conclusioni, e sempre dando fede ai sondaggi effettuati fino ad ora, il futuro Senato potrebbe consentire ai Democratici di arrivare a 51 rappresentanti mentre i Repubblicani si fermerebbero a 49.

  • Si tratterebbe quindi di una maggioranza diversa dall’attuale e, qualora fosse Trump a vincere l’elezione presidenziale, si troverebbe entrambe le camere ostili. Ciò lo obbligherebbe a continue negoziazioni e, comunque, ridurrebbe molto le sue possibilità d’azione.
  • Se invece a vincere fosse Biden, potrebbe contare su entrambe le Camere a lui favorevoli ma, sempre che i sondaggi fossero rispettati, la sua maggioranza al Senato sarebbe così ridotta da metterlo in balia dei capricci di uno o due soli Senatori.

Occorre considerare che i parlamentari americani, strettamente legati al proprio territorio e ai propri elettori hanno sempre saputo manifestare una certa indipendenza dal partito di appartenenza e ciò implica che, di fronte ad una maggioranza risicata, il rischio di capovolgimenti di schieramento sui singoli provvedimenti è reale.

Che gli Stati Uniti siano un grande Paese democratico è indubbio, occorre però notare che di là dalle dichiarazioni puramente teoriche, fare politica è diventato negli USA estremamente costoso.

Le campagne presidenziali possono costare anche qualche centinaio di milioni di dollari ma anche quelle per essere eletti al Congresso o al Senato richiedono grandi cifre.

Per dare un esempio, lo sfidante democratico per un posto al Senato nel Sud Carolina per finanziare la propria campagna ha raccolto tra i sostenitori ben 86 milioni di dollari.

Si tratta di un record nella storia degli Stati Uniti per un singolo candidato Senatore ma, anche se gli altri candidati utilizzeranno certamente un minore ammontare, si parla sempre di decine di milioni per un incarico che durerà solo quattro anni prima di nuove elezioni.

La sfida tra Trump e Biden, nonostante il secondo sembri favorito, è ancora aperta. Coloro che hanno già votato, per posta o con voto anticipato di persona, sembrerebbero essere più di 50 milioni. Lo scontro appare essere molto più sulle persone che sui rispettivi programmi.

Gli elettori Democratici sono molto divisi tra loro sull’America che desidererebbero e ciò che li tiene uniti è più un essere anti-Trump che una comune visione degli Stati Uniti del domani.

I PROGRAMMI
I programmi di entrambi contendenti sembra non abbiano assunto una particolare rilevanza davanti agli occhi di chi li voterà.

Ciò non significa, comunque, che non ci siano differenze. Il sito Competere.eu ha schematicamente riassunto le differenze tra i due ed ecco quanto risulterebbe:

  1. Fiscalità: Trump all’inizio del mandato ha abbassato l’aliquota delle imposte sulle società portandola dal 35 al 21% e ha modificato le fasce fiscali individuali riducendo quella più alta dal 39,6% al 37%. Propone ora una riduzione del 10% anche per i contribuenti a reddito medio. Biden intende aumentare le tasse attuali su tutti i redditi superiori a 400.000 dollari annui e portare l’imposta sui profitti societari dal 21 al 28%.
  2. Energia e Clima. Trump nega che il cambiamento climatico in corso abbia origine antropica, si è ritirato dagli accordi di Parigi e ha annunciato di voler consentire l’espansione di esplorazioni ed estrazioni di gas e petrolio sui terreni di proprietà federale e offshore. Durante il suo mandato, grazie soprattutto alla tecnica “fracking”, gli Stati Uniti sono diventati netti esportatori di gas e di petrolio e attualmente producono più petrolio dell’Arabia Saudita e della Russia. Biden, vuole far rientrare gli Stati Uniti nell’accordo di Parigi del 2017 e si propone di investire almeno 2.000 miliardi di dollari per combattere il cambiamento climatico. Il suo progetto è che l’energia pulita al 100% si realizzi entro il 2035 e che si raggiungano le “emissioni 0” entro il 2050.
  3. Covid 19: Entrambi i candidati si impegnano ad investire 2.200 miliardi di dollari per aiutare i settori economici in sofferenza e per favorire le classi economiche più svantaggiate. Biden, apparentemente indifferente all’attuale dimensione della bolla dei prestiti agli studenti e sulle conseguenze che ciò può causare, propone per questi prestiti una maggiore flessibilità e una garanzia del Governo.
  4. Sia Trump sia Biden danno grande importanza allo sviluppo di una tecnologia 5G americana. La differenza tra di loro è che il primo intende puntare particolarmente sul favorire le iniziative private, il secondo pensa di più ad un intervento dello stato.

Il loro diverso approccio su questo e altri argomenti parte sempre dalla filosofia di fondo che separa i due maggiori partiti americani.

I Repubblicani sono antistatalisti e pensano che lo Stato debba retrocedere ovunque possibile e i Democratici, al contrario, ritengono che il compito dello Stato non sia solo di garantire le libertà individuali ma di intervenire direttamente nelle questioni economiche.

Mario Sommossa