Draghi lo vuole, ma volere non basta. Molti lo apprezzano ma tanti lo temono. I sovranisti sanno che troverebbero in Draghi un oppositore a qualsivoglia iniziativa antieuropea; i populisti sanno che non sarebbe concesso loro alcun margine

Si volessero fare epigrammi sberleffo in cui eccellevano personaggi come Ennio Flaiano, Mino Maccari, Marcello Marchesi, verrebbe davvero voglia di dire che se le sorti del Paese, della comunità che siamo, sono davvero ‘appese’ al SI, al NO, al NI e al SO di Sergio Mattarella e/o Mario Draghi, per quanto si abbia stima e considerazione di entrambi, allora è venuto il momento di farne a meno.
Si volesse essere ancora più acri, si potrebbe osservare che Draghi, con questa storia del ‘nonno delle istituzioni’ a disposizione delle medesime, e che si candida alla presidenza della Repubblica forse che SI’, forse che BOH, di fatto sembra scontentare un po’ tutta la (s)partitocrazia: quella di sempre, e quella di nuovo conio, che riesce a essere perfino peggiore della ‘vecchia’ (e ce ne vuole). Ne consegue che ha fatto bene a fare e a dire quello che ha fatto e ha detto.

Giunti alla fine del 2021, una sorta di bilancio si impone. L’anno che tra breve sarà archiviatoe quello che lo ha preceduto, il 2020, è già al di là della cronaca: è già ‘storia‘. Il biennio 2020-21 costituisce uno spartiacqueSi è superato un meridiano invisibile‘ di un periodo storico, si è entrati in uno successivo. Si continua a fare le cose di sempre: mangiare, dormire, lavorare (chi un lavoro ce l’ha)… Per un momento ci si dovrebbe fermare, e riflettere sul fatto che siamo passati da un’era a un’altra. Pari se non superiore ad altri momenti cruciali: la scoperta dell’America; la rivoluzione bolscevica; il fascismo e il nazismo, le due guerre mondiali… Volendo si possono aggiungere una serie di scoperte: dalla bomba atomica alla penicillina, o lo sbarco sulla luna. Fra cinquanta o cento anni si dirà: il mondo prima del Covidil mondo dopo il Covid. Quanti si rendono conto di questa ‘rivoluzione’? di cui siamo, insieme, protagonisti, spettatori, vittime. In passato, eminenti personaggi come Leonardo o Lorenzo il Magnifico, altri come loro, probabilmente sono passati nell’Età cosiddetta moderna senza rendersene conto. Così noi dobbiamo ancora metabolizzare che in questi due anni da quell’Età stiamo uscendo. Quel mondo in cui hanno vissuto i nostri progenitori e noi stessi fino a poco tempo faè ormai il passato: un altro mondoed è un altro mondo quello in cui viviamo ora e vivremo in un futuro molto prossimo.
Se ne è resa contose ne rende contol’attuale classe politica? Non sembra davvero.

Le avvilenti quotidiane cronache della politica politicante documentano come l’esecutivo Draghi, che faticosamente e con punte eroiche, cerca di aggottare dalla stiva una quantità d’acqua che minaccia di affondare un vascello già fragile di suo, si logora giorno dopo giornoe impegnati in quest’opera masochista proprio coloro che avrebbero tutto l’interesse a evitarlo. Opera di logoramento di cui il Parlamento è specchio e testimone.
Siamo, per usare una metafora immaginifica, alla ‘fine dell’anno scolastico’? La conferenza stampa di fine anno di Draghi lo può far pensare. Al di là delle ufficiali dichiarazioni, i partiti in buona misura cercano di impedireper necessità o per convinzioneche Draghi possa essere il tredicesimo Presidente della Repubblica. Sono interessi diversi, a volte perfino opposti; e comunque, alla fine, convergenti; e certamente sono interessi ‘altri’ rispetto a quelli della collettività. Piuttosto rispondono a logiche, pressioni, interessi di gruppi sociali e lobbies. Si può, a questo punto, cercare di fotografare la situazione, per quanto sfocata possa apparire.

Attualmente uno dei cardini dell’attuale esecutivo è costituito da Sergio Mattarella Presidente della Repubblica. Al di là della maggioranza che lo sostiene, uscito Mattarella di scenaDraghi a chi, e comesi appoggerà? Quale altro Presidente, tra i tanti nomi che si fanno e circolano, è in grado di garantire a Draghi lo stesso sostegno che garantisce Mattarella? Come consuetudine e ‘buona creanza‘, eletto un nuovo Presidente della Repubblica, il Presidente del Consiglio rimette il suo mandato; poi il Quirinale avvia consultazioni e affida l’incaricoSe Draghi venisse di fatto sfiduciato da questa maggioranza e non eletto Presidente della Repubblicapotrebbe continuare a fare il Presidente del Consiglio con quella stessa compagine che non l’ha sostenuto per la scalata del Quirinale? Se nel corso della conferenza stampa di fine anno avesse esplicitamente detto: “Non mi interessa”, il problema si porrebbe in altri termini. Ma quella frase non è stata pronunciata; anzi, senza dire, si è detto il contrario. Dunque i partiti sono al bivio, e più di tutti la Lega di Matteo Salvini: votare Silvio Berlusconi, come ardentemente il leader di Forza Italia chiede e vuole? Un rospo che non si comprende come il Partito Democratico potrebbe ingoiare, soprattutto in queste ore che vede il partito di Enrico Letta in lenta ma continua ascesa. Comunque difficile continuare con l’attuale esecutivoElezioni anticipate? Ma è l’ultima delle cose che Salvini e tanti nel suo partito, vogliono. Elezioni anticipate fanno comodo solo a PD, Fratelli d’Italia, l’ala del M5S che fa capo a Giuseppe Conte.

La si metta come si vuole, l’opzione Draghi al Quirinale è l’unica che va incontro agli interessi del PaeseInteressi che, tuttavia, non coincidono con la (s)partitocraziae dunque non è assolutamente detto che possa essere eletto.
Un po’ tutti sanno bene che Draghi al Quirinale non sarebbe un mero notaio di decisioni prese altroveda altri. Si tratta di parole e occorre poi sempre valutare i comportamenti; ma Draghi ha fatto sapere che per lui il Presidente della Repubblica ha una funzione ben precisa: quello di Garante della Costituzione (non dell’arbitro); sembra un ‘niente’, ma è un ‘niente’ essenziale, fondamentale: l’arbitro dirime contese. Il garante applica la regola, quale che sianei confronti di chiunque. Chi ha buon orecchio ha certamente inteso.
sovranisti sanno che troveranno in Draghi un oppositore a qualsivoglia iniziativa antieuropeai populisti sanno che non sarà concesso loro alcun margine. Ecco perché appena Draghi ha aperto un piccolo spiraglio del suo uscio, in tanti si sono affannati e affrettati a cercare di chiudere il varco.

La partita vera, comunque, come sempre accaduto nella storia delle elezioni presidenziali, la si giocherà negli ultimi giorni, magari a urne aperte. Il motore della macchina comunque è acceso, lavora, nonostante tutti assicurino che se ne parla dopo la fine delle feste di Natale. Si può tornare alla ‘fotografia’ dell’inizio: la situazione è più che mai complessa e complicata: uno dei candidati è il presidente del Consiglio. Il Parlamento appare quanto mai frantumato (basti pensare che il gruppo misto, una macedonia dove c’è di tutto, è il gruppo maggioritario); se si andrà a scadenza naturale, nel 2023 si voterà per il nuovo Parlamento, e comunque i seggi sono ridotti di un terzo. Già questo, basta. Ci sono state elezioni che hanno richiesto un numero infinito di votazioni: nel 1964 Giuseppe Saragat venne eletto dl ventunesimo scrutinio; Giovanni Leone, nel 1971, al ventitreesimo. Poi a volte intervengono fatti esterni, traumatici: come per Oscar Luigi Scalfaro, eletto dopo la strage a Capaci. Vero che si sono realizzate, per Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi, vaste e rapide convergenze; ma erano altri tempi, altri personaggi di altra levatura, quelli che occupavano la scena politica.
Tutti gli allibratori e gli osservatori di quel che si muove intorno al Quirinale, fino a ieri, concordi, assicuravano: ‘Draghi se vuole, può’. Draghi vuolema non è affatto detto che possaGiocoforza il condizionale: potrebbe Pierferdinando Casini.

Valter Vecellio – L’ Indro