L’illusione che la  Legge sia uguale per tutti, che non distingua fra ricchi e poveri, potenti ed emarginati, purtroppo non è così. Sono le statistiche giudiziarie a mostrare impietosamente la realtà del meccanismo repressivo. Periodicamente qualche arresto eccellente, un politico o un imprenditore che finisce in manette, alimenta l’illusione che la Legge sia uguale per tutti. Le carceri straboccano di ladruncoli, piccoli  spacciatori (raro chi importa la droga), immigrati irregolari, di qualche omicida, stupratore, mafioso o camorrista. Bancarottieri, evasori fiscali, corrotti e corruttori con le patrie galere  hanno poco a che fare. E non è colpa dei magistrati.  Sono le Leggi che essi devono applicare ad essere improntate su una scala di valori distorta,  che porta ad infierire sui più deboli.

Il codice penale nel corso degli anni ha subito considerevoli modifiche dal 1930 ma queste non hanno affatto riequilibrato ma semmai acuito, le disparità di trattamento tra le classi sociali, consolidando i simulacri della proprietà privata  e della libertà di impresa e colpendo severamente chi vi attenta.  Certo i magistrati hanno avuto e hanno delle responsabilità ma essi non costituiscono più un monolite.

A un certo punto della storia d’Italia, e con più evidenza a partire dall’inchiesta di “Mani Pulite”, molti hanno iniziato a puntare il binocolo giudiziario verso l’alto. Ciò ha dato vita ad un fenomeno curioso. Mentre quando vanno in galera i ladri di galline nessuno si chiede se le intercettazioni (che molti parlamentari volevano eliminare) abbiano leso la riservatezza, se sia violato il segreto investigativo o se la carcerazione preventiva sia giustificata. Mentre quando si sfiora qualche personaggio eccellente fioccano le polemiche contro lo straripare della magistratura, la “giustizia ad orologeria”, la politicizzazione con il protagonismo di certe procure. Il colpevole diventa un perseguitato e a suscitare sdegno non è il reato commesso, ma il fatto che la televisione e i giornali ne diano notizia.  Troppe sono le Leggi “ad personam” scritte per politici e i loro amici potenti. L’inflazione del diritto penale è diventata una causa con le norme ambigue e poco chiare che invece giovano alle caste dominanti. Gli attuali governanti  debbono intervenire se vogliono salvarsi.  Bisogna contrarre e semplificare l’attuale inflazione del diritto penale  che è diventata  causa ed effetto della crisi dello Stato, impotente  a fare rispettare le troppe Leggi  emanate  a suo tempo.

Chi evade le tasse non è un furbo ma è un disonesto che ruba a tutti gli altri cittadini, privandoli dei soldi da investire in sanità, scuole, servizi sociali. Grazie alla combinazione di attenuanti generiche, sospensione  condizionale della pena, periodici provvedimenti di clemenza, lungaggini processuali con conseguente prescrizione, di fatto,  per i più ricchi le porte del carcere non si spalancano mai. Il diritto penale è diventato il succedaneo di interventi di carattere sociale.

“Quando ti rendi conto che per produrre è necessario ottenere il consenso di coloro che non producono nulla, quando hai la prova che il denaro fluisce a coloro che non commerciano con merci ma  con favori, quando capisci che molti si arricchiscono con la corruzione e non con il lavoro e che le Leggi non ci proteggono da loro ma al contrario essi sono protetti dalle Leggi, quando ti rendi conto che la corruzione è ricompensata e l’onestà diventa auto-sacrificio allora puoi affermare senza paura di sbagliarti che la società è condannata”.

Aldo    Cisi – Presidente  Movimento  Politico  Italia