Vedremo le alleanze più strane

per la conquista del Governo

alla faccia dei cittadini

 

imagesDopo il verdetto della Corte Costituzionale ci ritroviamo un sistema proporzionale che di fatto consegna nuovamente il Paese all’ingovernabilità assoluta. Questa è una certezza.

Ecco perché pare davvero stravagante  parlare di primarie per entrambi gli schieramenti, centrosinistra e centrodestra. Il motivo sta nel fatto che dopo la bocciatura del doppio turno da parte della Consulta difficilmente si potrà avere una maggioranza autonoma, ossia una coalizione in grado di raggiungere la soglia del 40%. Quindi ne vedremo delle belle in quanto ammucchiate e cambi di casacca  pre-elettorali pur di arrivare alla quota stabilita che permette la formazione di una squadra di governo. Di conseguenza qualsiasi candidato esca vincitore dalla competizione interna – le primarie appunto –  non sarà assolutamente  scontato che questi potrà essere destinato al premierato per il semplice motivo che per mille interessi  politico-strategici  potrebbe essere costretto a cedere il passo a un altro.  Del resto è bene ricordare che la questione ballottaggio, da parecchi esponenti considerata un punto fermo in termini elettorali, è stata poi improvvisamente abbandonata in modo bipartisan parecchio tempo prima che arrivasse il responso della Corte.

Le ragioni di questo repentino cambio di rotta? Molto semplice è la risposta: a livello locale spesso a vincere la sfida con la sinistra o con la destra è stato ultimamente il Movimento 5 Stelle. Formazione che ormai preoccupa non poco i due maggiori fronti  che stanno quindi tentando in tutti i modi di isolare i grillini rendendoli così meno determinanti in caso di competizione elettorale.

Tuttavia dobbiamo considerare che non sarà cosa facile arrestare l’onda del malcontento che attraversa tutta l’Italia, una autentica insofferenza da parte dei cittadini che ormai dimostrano di non riconoscersi più nelle formazioni tradizionali.

Ma non è tutto. Il sistema proporzionale aggiunge ulteriore confusione nel panorama istituzionale che non farà altro che produrre un solco ancora più profondo tra la politica e gli elettori  stanchi di una classe dirigente raffazzonata esclusivamente impegnata a salvaguardare le proprie rendite di posizione. L’ultima deprimente immagine che ha dato di sè la casta è costituita dalla minaccia di scissione in casa Pd lanciata da Massimo D’Alema, decisamente rafforzatosi e tornato improvvisamente protagonista sulla scena dopo la vittoria dei No al referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre.

In questo caso per fermare la presunta emorragia non ci sarà che un modo: quante poltrone sarà disposto a concedere  Renzi  a coloro che potrebbero sbattere la porta e andarsene. E non è escluso che a prendere le distanze dal segretario siano solo quelli della minoranza interna. Non va sottovalutato che ultimamente il vento è cambiato, il fronte maggioritario renziano traballa, non è più granitico come si pensava  e potrebbe perdere pezzi significativi in grado di mettere all’angolo l’ex premier. L’asse tra i due più forti capibastone, i ministri Franceschini e Orlando, va via via consolidandosi e sicuramente l’obiettivo è quello  di alzare la posta al momento della spartizione dei posti chiave o, addirittura, si potrebbe profilare all’orizzonte il definitivo  abbandono di Renzi.

Ne è la prova che Orlando è già candidato alla segreteria e in una delle sue ultime dichiarazioni ha detto che bisogna necessariamente intraprendere un nuovo percorso in grado di riprendere il dialogo con il Paese per i prossimi vent’anni. Non ultimo dietro le quinte di tutto questo pare stia tramando nell’ombra lo stesso presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano che già da un po’ ha già scaricato l’ex sindaco di Firenze.

Grane in casa dei democratici, certo, dalle quali non è comunque immune il centrodestra ancora esistente  solo grazie alla  presenza di Berlusconi. Piaccia o non piaccia senza di lui tutto si squaglierebbe come neve al sole. Eredi politici non ce ne sono e quelli che ambirebbero il testimone non sono altro che semplici comparse solo buone ad ubbidire al capo. Magari ci fosse stato qualcuno in questi anni in grado di prendere posizione anche a costo di proporre una visione diversa da quella di Silvio. Forse quest’ultimo, abituato e sicuramente  nauseato dai tanti yes man che gli circolano intorno,  lo avrebbe anche potuto apprezzare e valorizzare politicamente. Ma così non è andata e l’imprenditore di indubbio successo si è ritrovato solo, politicamente parlando.

Tornando alla faccenda riguardante l’appuntamento con le urne, come abbiamo detto sopra, faranno discutere le alleanze chiamate a formare coalizioni governative che in ogni caso saranno fragili, inconsistenti.

Alleanze che al di là di tutte le considerazioni avranno il fiato corto, saranno deboli, incapaci a reggere le redini governative e saranno destinate a finire miseramente a pezzi nella aule parlamentari. Esempi di questo tipo ne abbiamo avuti tanti negli ultimi decenni, anzi, troppi.

Ma al peggio non c’è mai fine perché adesso la situazione precipiterà  dal momento che queste pseudo-aggregazioni non saranno solo formate prima delle elezioni, in modo che il cittadino sappia chiaramente chi si propone alla guida del Paese. Quelle più pesanti e significative saranno costituite dopo, in Parlamento, quindi alle spalle – o alla faccia che è la stessa identica cosa – degli elettori che  ancora una volta amaramente si accorgeranno  che essere andati a votare non è servito a nulla. Poi ci si stupisce se i pentastellati fanno il pieno di consensi.