A differenza di ciò che si pensava il 2,4% del rapporto deficit/Pil scritto in manovra non è intoccabile.
 “Credo che nessuno sia attaccato a quello, se c’è una manovra che fa crescere il Paese può essere il 2,2, il 2.6, non è problema di decimali, è un problema di serietà e concretezza”. Sono le parole del vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, in un’intervista all’Adnkronos all’indomani della cena tra il premier Giuseppe Conte, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, il ministro dell’Economia Giovanni Tria, il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici e il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Certo è che un cambio dello zero virgola in manovra di bilancio non è comunque da sottovalutare visto che si tratta pur sempre di milioni di euro. Ma l’aspetto più importante in questo determinato momento è adesso il segnale politico particolarmente significativo. Di fatto Salvini, improvvisamente e inaspettatamente, ha appena aperto uno spiraglio nella trattativa con Bruxelles: il rapporto deficit Pil al 2,4%, difeso a oltranza fino a ieri, può cambiare.
La cena del premier Conte con Juncker  non ha sortito particolari sorprese, come del resto era prevedibile. Le posizioni sono rimaste in sostanza inalterate e procedendo di questo passo l’Italia si avvia verso una procedura di infrazione per eccesso di debito.
E allora si cambia strategia rimescolando le carte. Dopo le dichiarazioni di Salvini di lì a poco arrivano quelle dei Cinque Stelle: «Non difenderemo i numerini, ma i cittadini. È essenziale che gli italiani possano trovare lavoro grazie al reddito di cittadinanza e possano andare in pensione con quota 100». Insomma, si comprende che le aperture da parte del Governo ci sono ma le riforme che fanno parte dell’impianto generale della manovra rimangono… per ora.
 E’ come se fossimo dinnanzi a una partita a scacchi in cui ognuno cerca di studiare le possibili mosse dell’avversario per metterlo in difficoltà. Dal canto suo Salvini difende la riforma delle pensioni che dovrebbe partire  e interesserà circa 600.000 persone. Mentre sul reddito di cittadinanza i giochi sono aperti. A sentire i pentastellati le provvidenze devono andare alle famiglie bisognose. La pensano in altro modo in casa Lega che si riferiscono al comparto del lavoro, ossia dovrebbe essere  una misura da legare alle imprese. E questo braccio di ferro avviene con il fiato sul collo dell’Ue che quotidianamente minaccia la procedura di debito nei confronti del nostro Paese.