Con la manovra finanziaria il momento delicato e tanto atteso è arrivato e il governo del cambiamento deve dare prova di autorevolezza su una questione così importante come quella economica.  Tra flat tax, revisione della Fornero e reddito di cittadinanza  la posta in gioco è alta e le coperture bisogna trovarle. “Nessuno  ha chiesto le dimissioni del ministro ma pretendo che Tria, a capo del dicastero dell’Economia, trovi i soldi per gli italiani difficoltà. Questo è un dovere per un ministro che fa parte di un esecutivo nato sotto il segno del cambiamento”.  Sono le parole del vicepremier Luigi Di Maio rivolte al ministro dell’Economia Giovanni Tria ora sotto tiro incrociato non solo dei grillini ma anche della Lega.
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In sostanza il primo inquilino di via XX Settembre ha messo le mani avanti sostenendo che il Governo deve recuperare un 30% di investimenti pubblici venuti meno negli ultimi anni. Investimenti  che devono tornare ad essere il 3% del Pil nel breve termine. Tria inoltre evidenzia che bisogna andare oltre la flat tax riducendo il carico fiscale sulla classe media e a tale proposito conferma che il ministero ha già sviluppato una strategia che ridurrà il carico fiscale sulla classe media mantenendo il budget gestibile. Sarà così? Sta di fatto che puntualmente  in questi casi oltre ai nodi esclusivamente tecnici irrompe di prepotenza l’azione politica e subito il M5S ha fatto sapere che non farà sconti: le promesse nei confronti dell’elettorato devono essere mantenute  anche a costo di sforare il 3%. Stessa musica dai leghisti intenzionati a non arretrare di un solo passo su alcuni punti fermi come l’Iva che non deve assolutamente aumentare. Indubbiamente i cittadini che hanno votato questo governo gialloverde non lo manderebbero giù facilmente il fatto di vedersi come prima misura alzare tale imposta che impatta in maniera decisamente pesante sulla normale quotidianità.
Un braccio di ferro dunque con Di Maio che pensa a una  manovra da 28 miliardi che porti il deficit fino al 2,5%, proprio l’indicatore che alla fine è l’oggetto del contendere. Mentre dall’altra parte il ministro Tria che da tempo ribadisce che il tetto massimo non deve superare l’1,6%. E’ vero, si tratta di un punto percentuale in meno ma  su larga scala che interessa l’intera  contabilità dello Stato significa una differenza di parecchi miliardi.
Di conseguenza questo passaggio ha innescato una serie di botta e risposta a distanza tra il vicepremier e il ministro al punto che sulle prime era trapelata addirittura l’indiscrezione che Di Maio avesse chiesto le dimissioni di Tria, richiesta subito però smentita dallo stesso Di Maio che comunque non allenta il pressing sul ministro insistendo che i soldi destinati a coloro che vivono in condizioni di disagio si devono trovare. Costi quel che costi. E al riguardo Di Maio, rilasciando alcune dichiarazioni alla stampa, suggerisce che le risorse necessarie possono essere individuate attraverso i tagli e la lotta agli sprechi convinto che non serva superare il 3%. Lo si era detto che a fine estate i nodi sarebbero arrivati al pettine proprio sul fronte contabilità e ora la partita è estremamente delicata e dagli esiti incerti.