L’indipendenza del potere giudiziario da quello politico rappresenta uno dei capisaldi del cosiddetto Stato di diritto. Un principio sacrosanto utile a disegnare un necessario equilibrio tra i poteri nell’ottica della separazione degli stessi. Ne parlò già Montesquieu nel Settecento nella sua celebre opera ‘Lo spirito delle leggi’. In Italia questo importante aspetto nel corso degli anni ha assunto i crismi di un feticcio intoccabile che per paradosso ha prodotto, invece, un sistema confuso perché frutto di intrecci e sovrapposizioni perverse e pericolose. Le recenti notizie di cronaca ne rappresentano una istantanea preoccupante che getta discredito sull’intero mondo giudiziario con particolare riguardo al settore penale.

Ritorna alla mente una illuminata frase di Piero Calamandrei “quando per la porta della magistratura entra la politica, la giustizia esce dalla finestra”.

L’interlocuzione tra poteri dello Stato è cosa utile e giusta, altra cosa è l’ingerenza e la commistione di ruoli e funzioni dal sapore carbonaro con lo scopo ultimo di decidere nomine, trasferimenti e  aggiustare processi. Se la magistratura non è indipendente dalla politica, ma anzi intesse con essa relazioni ambigue, è legittimo anche supporre che l’azione penale non sempre viene esercitata con la dovuta serenità e con il necessario buon senso in nome del popolo italiano. In sostanza può montare il sospetto che la magistratura, non tutta ovviamente ma senza dubbio parte di essa, sia politicizzata. Un’espressione che sintetizza in maniera plastica una diffusa percezione che non giova ad alcuno ma che alimenta la costante sfiducia dei cittadini.

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A partire da Tangentopoli la figura dei magistrati è stata ingigantita a dismisura creando una costante contrapposizione con la politica. I procuratori sono stati dipinti come angeli vendicatori calati dall’alto e capaci di moralizzare lo sporco mondo delle istituzioni dominate da pericolosi farabutti: ovviamente una rappresentazione errata della realtà. Da un lato perchè non esistono i puri (in questo caso i magistrati), dall’altro perchè non è vero che la politica è dominata solo da impura puzzolente feccia.

Non regge cioè una visione manichea della società rigidamente divisa in buoni e cattivi, in cui i buoni vengono collocati da un lato e i cattivi dall’altro.

La mitizzazione della figura dei magistrati ha danneggiato in primis loro stessi rimasti intrappolati in una enfatizzazione estrema del lavoro svolto divenendo talvolta personaggi di uno show che ha toccato punte estreme generando pericolosi errori ricorrenti. Il risalto mediatico dato alle inchieste  ha prodotto e produce eccessi e disequilibri a tutto danno delle istituzioni.

Molti sono coloro che in questo periodo stanno stigmatizzando gli accadimenti emersi nel tentativo di interpretare i fatti suggerendo soluzioni ma non sembra facile riaggiustare un apparato ormai in preda alle ambizioni personali i cui riflessi a cascata si ripercuotono sulla vita di milioni di cittadini.

Politica e magistratura non devono mischiarsi ma nel rispetto delle competenze agire per il generale interesse della collettività.

Pippo della Corte – Rivoluzione Liberale