I bombardamenti israeliani su Gaza uccidono almeno 53 persone. Più di 1.000 razzi partiti da Gaza verso il territorio israeliano causano 6 vittime. La popolazione araba di Israele è in rivolta. È la peggiore escalation del conflitto israelo-palestinese dal 2014.

GAZA CITY, GAZA - MAY 12: Scenes from targeting Al-Jawhara Tower in central Gaza on May 12, 2021 in Gaza City, Gaza. At least three dozen Palestinians and five Israelis have been killed in the cross-border exchange of rockets and aerial bombardment, which followed a series of violent confrontations between Israeli police and Palestinian protesters in East Jerusalem. (Photo by Fatima Shbair/Getty Images)

 

Cosa sta succedendo? Dopo i disordini a Gerusalemme dei giorni scorsi, la situazione è precipitata rapidamente. Israele ha già richiamato in servizio 5.000 riservisti e confermato che la campagna aerea continuerà. E dire che fino all’anno scorso il conflitto sembrava quasi dimenticato, e la questione palestinese rimossa dalle relazioni tra Israele e il mondo arabo, in netto miglioramento.

“L’alba di un nuovo Medio Oriente”. Così a settembre Trump aveva definito gli “accordi di Abramo”, la serie di normalizzazioni diplomatiche tra Israele e alcuni paesi arabi (Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Sudan e Marocco). Fino a quel momento solo Egitto (1979) e Giordania (1994) avevano firmato accordi di pace con Tel Aviv.

Certo, nessuno dei quattro paesi coinvolti negli accordi era mai stato in guerra con Israele, e per convincerli a ripristinare le relazioni diplomatiche Trump aveva dovuto promettere qualcosa a ciascuno, tra armi e concessioni. Ma quella del 2020 sembrava veramente una svolta. Adesso però il riaccendersi del conflitto israelo-palestinese rischia di rimettere tutto in discussione.

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Prima delle violenze, per Israele le cose si erano già complicate. Sul processo di pace Biden si è subito mostrato tiepido: è il primo presidente Usa in trent’anni a non aver promesso una svolta rapida, e rispetto a Trump ha assunto una posizione più equidistante. Intanto Israele vive un periodo di forte instabilità politica, con Netanyahu (ora premier a interim) che rischia di dover lasciare la guida del paese.

Adesso tre dei quattro paesi degli “accordi di Abramo” (Emirati, Bahrain e Marocco) hanno apertamente condannato gli scontri. E negli Stati Uniti cresce la pressione all’interno del partito democratico perché Washington intervenga a contenere le azioni israeliane.

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Per Trump, le normalizzazioni dell’anno scorso avrebbero dovuto essere il preludio all’”accordo del secolo”. Invece rischiano di essere solo una parentesi di “quiete” prima della tempesta.