Il taglio delle poltrone c’è stato. Con 553 voti a favore, 14 contrari e 2 astenuti, è passata la legge “taglia parlamentari”. Il risultato è giunto alla fine di una giornata intensa di lavoro nel corso della quale le varie parti politiche hanno puntato a spiegare il perché del proprio voto su un provvedimento partito con maggioranza e opposizioni diverse. La scure prevista dal disegno di legge riduce a 400 il numero dei deputati (contro i 630 attuali) e a 200 quello dei senatori (ora ne vengono eletti 315).

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Nello specifico ricordiamo che hanno votato a favore della riduzione le forze di maggioranza (M5S, Pd, Italia Viva, Leu) e le forze di opposizione come Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia. A questi si sono aggiunti alcuni deputati del gruppo Misto. Uniche forze del Parlamento contrarie al taglio sono state +Europa (3 deputati) e Noi con l’Italia (4 deputati guidati da Maurizio Lupi). Ha votato in dissenso dal M5S il deputato Andrea Colletti, mentre la dem Angela Schirò, eletta all’estero, si è astenuta.

Diciamo però che l’iter della riforma non può essere considerato concluso con il via libera dell’Aula. Infatti parlamentari, elettori o Regioni possono ancora chiedere di ricorrere a un referendum confermativo per bloccare la legge varata da poche ore a Montecitorio. Contestualmente la maggioranza giallorossa ha raggiunto un’intesa per avviare entro la fine dell’anno un percorso in grado di delineare una nuova legge elettorale. Vedremo cosa sortirà questa intesa.

Certo è che il provvedimento, da sempre considerata la punta di diamante dei grillozzi, è stato una sorta di banco di prova sulla tenuta del governo. Tenuta che rimane comunque costantemente fragile indipendentemente dal risultato ora ottenuto. Sostanzialmente possiamo dire che se i pentastellati avevano bisogno di garanzie di affidabilità da parte dei dem questa volta le hanno ottenute. Ma non sarà sempre così. Le distanze su questioni cruciali tra i due contraenti che hanno portato alla formazione di questo esecutivo costituito dai voltagabbana grillo-sinistri rimangono notevoli.

Il voltafaccia dei dem sulla questione “taglio parlamentari” è l’esempio perfetto del peggior trasformismo politico unicamente finalizzato alle proprie convenienze personali: poco tempo fa i camaleonti sinistrorsi dopo aver votato per ben tre volte (due al Senato e una alla Camera) contro il provvedimento sulla riduzione  hanno votato stavolta sì di fatto ingoiando il rospo grilluto.

Imbarazzanti, puerili, vergognose le dichiarazioni a caldo di alcuni esponenti Pd come Graziano Delrio che vuole far credere che il partito è convinto “che il Parlamento non sia un luogo oscuro ma la casa della democrazia. Il nostro no era a difesa di questa istituzione e proprio perché abbiamo ottenuto garanzie a questi principi ora diciamo sì”. Non parliamone poi delle sparate inascoltabili del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Simona Malpezzi. Questa signora ha il coraggio di affermare che “non è cambiato il testo della legge a cui noi del Pd abbiamo votato no per tre volte, è cambiato il contesto. Abbiamo dato un nuovo vestito a questa riforma che non è più la sforbiciata in sè in chiave populista”. Ora viene da chiedersi chi può essere  così tonto di credere a un simile ragionamento che ricorda molto il gioco delle tre carte fatto proprio per imbrogliare.