Tra i grandi cambiamenti guidati dalle nuove tecnologie, quello che investe i media – scrive Vittorio Meloni, nell’introduzione – è uno dei più profondi e dalle vaste implicazioni. Da generazioni, le nostre vite individuali e collettive sono scandite dal ritmo di un mondo che giornali, radio e tv interpretano, secondo uno schema che ci è familiare, ma che non sarà più tale. Perché stiamo entrando in un’era nuova e piena di opportunità che affida a ciascun individuo il potere di partecipare direttamente alla formazione di notizie e opinioni.

Ma questa è forse solo la faccia di una medaglia – precisa Meloni – il cui rovescio rivela lati meno promettenti, come la pseudoinformazione e la post-verità, la perdita di contatto con la propria comunità, la distrazione continua dalle priorità che danno senso e identità. Nuovi protagonisti digitali assumono la leadership dell’informazione, della comunicazione, della pubblicità, influenzando le nostre scelte, in fatto di consumi, valori, consenso.

Mentre la comunicazione, attraverso l’editoria tradizionale (carta stampata, radio, tv), si avvale di canoni sperimentati in secoli o almeno decenni di storia, di relazioni codificate, di una struttura professionale visibile e conosciuta, l’accesso ai social è spesso l’inizio di una esperienza inedita, dai risultati difficili da misurare e dai rischi talvolta imponderabili. Utilizzare i social, comunque, richiede un cambiamento radicale di approccio, di stili, di culture. In primo luogo, non ci si rivolge ad una struttura editoriale, come lo staff redazionale di un giornale o di una tv, ma a una piattaforma che colloquia istantaneamente e direttamente con migliaia, milioni di persone; l’azienda o l’individuo , che posta un’informazione sul web in uno dei diversi social diventa publisher di se stesso, nel momento in cui lo fa, senza l’antica mediazione dell’editore che trasformava l’input iniziale in un prodotto suo, di cui era titolare e pienamente responsabile.

Nel mondo da cui proveniamo, le reazioni e i commenti a una notizia apparsa su un’agenzia, su un giornale o in tv restavano sostanzialmente all’interno dello stesso sistema, con riprese, rilanci, ulteriori approfondimenti. Sui social l’impatto è immediato e senza barriere. Non c’è un giornalista dall’altra parte, a selezionare e soppesare il valore di una notizia; c’è una massa di utenti attivi, pronti a commentarla, a distribuirla, a condividerla. La ricerca delle notizie, e delle verità che dovrebbero contenere, non sarà più appagata dall’ordinata rappresentazione della realtà, così come la dispone in prima pagina un grande giornale.

Il mondo si è enormemente frammentato e con esso il modo di raccontarlo, che si avvale di una molteplicità di fonti e di narrazioni, impossibili da riunire nella gerarchia dei media tradizionali. Nel declino della lettura, inoltre, si preferisce accedere alle informazioni attraverso titoli e sommari, affidandosi alle liste dei fatti più significativi (reading list), consultando brevi video su testimonianze, fatti di cronaca e di costume. Oppure avvalendosi – aggiunge Meloni – di chi organizza per noi la dieta mediatica, come fa Pocket, una app con milioni di utenti che consente di salvare articoli, video e materiali vari, per una lettura successiva offline.
Pocket gestisce più di un miliardo di articoli e video professionali archiviati, a loro volta passibili di transitare, su decisione dell’utente, sulle piattaforme social. Nati come aggregatori, analoghi siti di news (o di gossip) sono diventati tra i più ricercati nella rete, con collaboratori professionali sparsi ovunque e un flusso imponente di notizie generate dagli utenti.
Nelle conclusioni sul futuro dei media e sulla narrazione del mondo, Meloni ritiene che l’informazione diventerà definitivamente liquida, per usare il termine caro a Zygmunt Bauman, nel senso che circolerà nelle reti distributive digitali come un prodotto immateriale, proteiforme, sempre disponibile.
Vittorio Meloni, Direttore delle Relazioni esterne di Intesa San Paolo, è nei Consigli di amministrazione di Ads (Società che certifica la diffusione della stampa quotidiana e periodica) e di Auditel (Società che misura le audience televisive).