Il vergognoso degrado che sta travolgendo il vertice della magistratura italiana è purtroppo noto come lo è l’asservimento di una buona parte del giornalismo giudiziario alle Procure. E visto che al peggio non c’è mai fine non c’è da stupirsi se gli ultimi scandali venuti alla luce lasciano sì sgomenti, ma preso atto ormai dell’andazzo del sistema giudiziario tali scandali erano alla fine da mettere in conto come diretta conseguenza dei fatti. Quello che continua a sconvolgere è invece l’assordante silenzio del Capo dello Stato: il terremoto che scuote di nuovo il Csm, organismo da lui stesso presieduto, sembra non sfiorarlo affatto. E questo è gravissimo.

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Clamoroso quello che sta emergendo riguardo la Loggia Ungheria – l’immancabile sapore massonico è un ingrediente che oltre ad avvolgere nel mistero le vicende più intricate le rende sicuramente più coinvolgenti – che di fatto, stando sempre ai racconti dell’avvocato Piero Amara, tra l’altro teste chiave sul quale è stato costruito il processo a Palamara, era diventata una sorta di dependance di una parte del Consiglio Superiore della Magistratura dove nel corso delle presunte tornate di loggia si prendevano decisioni importanti. Decisioni di cui erano tenuti addirittura allo scuro alcuni membri dello stesso Csm evidentemente non allineati. Al riguardo sarebbe interessante sapere chi avrebbe fatto parte di questa loggia che probabilmente prende il nome della piazza di Roma.

Non solo. A gettare benzina sul fuoco la questione dei verbali segretati che riportavano le scottanti deposizioni di Amara e che incredibilmente giravano in maniera impropria qua e là passando di mano in mano. Che dire poi dell’omertà di alcuni giornali che ne avevano addirittura ricevuto delle copie ma si sono ben guardati di scriverne una sola riga. Senza dimenticare il presunto coinvolgimento dell’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, capobastone della corrente giustizialista in toga, e dei guai di Conte.

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Insomma, ne emerge una organizzazione dal potere assoluto che avrebbe controllato l’insieme dell’apparato giudiziario. Dunque in grado di “pilotare” la giustizia, vagliare quali inchieste da perseguire e, altro elemento rilevante, decidere le varie nomine dei magistrati. Ne esce un quadro certamente poco edificante, anzi, che terrorizza se fosse realmente così. Mette i brividi pensare che qualsiasi cittadino potrebbe incorrere in rogne giudiziarie e invece di trovarsi di fronte a imparziali custodi del diritto e della giustizia il malcapitato si potrebbe ritrovare delle persone interessate esclusivamente al proprio spazio di potere, alla propria carriera. Altro che diritto. A farne le spese, naturalmente, chi ha la sfortuna di finire nel tritacarne giudiziario a cui non spetta altro che una lunga via crucis costellata di processi interminabili, carcere e umiliazione mediatica.

Ma veniamo all’ennesima bufera che ha investito le toghe, bufera iniziata proprio con la deposizione di Piero Amara. Ora al di là di ogni considerazione sorge spontanea una domanda molto semplice: qualora Amara avesse mentito su tutto come mai dopo oltre un anno e mezzo dalle dichiarazioni di fuoco da lui fatte si trova ancora a piede libero e non è stato invece arrestato per calunnia aggravata?

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La fuga di notizie sui verbali di Amara, come detto grande accusatore di Palamara, scatena dunque l’inferno nella magistratura e la guerra tra Procure. I verbali sarebbero stati sottratti dal pm di Milano Storari il quale li avrebbe consegnati al consigliere del Csm dell’epoca  Davigo – che di fatto non ne aveva nessun titolo –  e come ultimo passaggio sarebbero stati inviati a un paio di  giornali da Marcella Contrafatto, funzionaria del Csm e facente parte della segreteria del consigliere Davigo.

Ma al peggio non c’è mai fine e tra silenzi e insabbiamenti stendiamo un velo pietoso anche sui giornalisti dei due quotidiani che avrebbero ricevuto dalla funzionaria i verbali: Il Fatto e Repubblica. Ora senza inutili giri di parole i giornalisti ne escono con le ossa a pezzi. Una tale figuraccia se la potevano risparmiare: pur avendo le carte in mano da mesi come mai non hanno ritenuto giusto di svolgere con professionalità il proprio mestiere di cronisti giudiziari e quindi riscontrare la veridicità delle dichiarazioni? Eppure questi signori hanno sempre pubblicato bellamente tonnellate di intercettazioni coperte dal segreto senza farsi tanti problemi accampando puntualmente la tesi del sacro diritto di cronaca. Ma stavolta no, non se ne fa niente, si bloccano. Dicono che non possono  pubblicare perché c’è il segreto. Ma tho, stavolta il segreto vale per questa gente. Chissà perchè le volte precedenti se ne sono infischiati.

Insomma, alla fine della fiera hanno così preferito girare la testa dall’altra parte facendo finta di niente e tutta quella mole incredibile di materiale letteralmente esplosivo lo avrebbero a loro volta restituito “per amore di giustizia” così raccontano. Ma allora se fosse veramente così tutte quelle carte segrete a chi sono state restituite… sempre per “amore di giustizia”? Forse agli stessi magistrati da cui sembra partita la fuga di notizie? Mah.

Ma i dubbi e altri interrogativi si moltiplicano più si riflette su questa inqualificabile vicenda. Per esempio non sappiamo quali verifiche abbia fatto la procura di Milano in questi 18 lunghi mesi seguiti dopo le dichiarazioni bomba di Amara. Come detto sopra il pm Storari avrebbe passato le carte a Davigo ma per quale ragione? Forse temeva l’insabbiamento del suo capo Francesco Greco?

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Quello che appare comunque certo alla luce dei fatti è che l’avvocato Amara non è un calunniatore, come vorrebbe far intendere qualche giornale. Altrimenti come sarebbe stato possibile che le procure di mezza Italia (Roma e Perugia) hanno recentemente indagato magistrati (Palamara e Patroni Griffi) e mandato a processo giudici amministrativi grazie alle sue confessioni?

Certo è curioso vedere un semplice avvocato di Siracusa (Amara) mettere da solo a soqquadro la più importante procura d’Italia che a un certo punto ha mollato la patata bollente ai colleghi di Perugia e Roma lavandosene le mani.

Dai carteggi c’è anche una lettera del 2012 dove Fabrizio Centofanti (l’imprenditore amico di Amara accusato di aver corrotto Palamara e che nel 2012 era a capo delle relazioni istituzionali di Acqua Marcia) scrive al professor Conte per chiedergli formalmente il “conferimento di un incarico professionale per la società dell’Acqua Pia Antica Marcia Spa”.

Foto Filippo Attili/Palazzo Chigi/LaPresse02-09-2019 Roma, ItaliaPolitica Giuseppe Conte a Palazzo Chigi DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE - Obbligatorio citare la fonte LaPresse/Palazzo Chigi/Filippo Attili

Non solo. I riflettori rimangono puntati ancora su Conte. Si viene a sapere che l’ex premier agevolerà anche l’acquisizione dell’ hotel Molino Stucky di Venezia, controllato da Acqua Marcia, da parte dell’imprenditore pugliese Leonardo Marseglia, che sbaragliò la concorrenza dei più importanti fondi immobiliari al mondo. Qualcuno potrebbe insinuare il conflitto d’ interessi dato che Conte era stato prima consulente di Acqua Marcia (di cui conosceva i documenti del concordato) e poi di Marseglia, che di quel concordato ha beneficiato. Stando così le cose è davvero curioso constatare il comportamento editoriale di molti giornali che pubblicano puntualmente qualunque cosa che riguardi i soldi di Renzi o della Lega mentre su faccende infuocate sopra descritte fanno, ma guarda un po’ il caso, gli schizzinosi, ovvero sulla storia delle mega consulenze di Conte ottenute da Centofanti. Tanto più che il quotidiano Domani ha già spiattellato contratti e fatture di Giuseppi.

Auguriamoci che in tutto questo marasma a causa del quale la maggioranza degli italiani (oltre l’85%) ritiene le toghe non più credibili – e sarebbe davvero incomprensibile e strano se dovesse essere il contrario – ci sia qualcuno in grado di fare chiarezza. Ma tra i pensieri e le tante perplessità si fa strada anche l’ipotesi che potrebbe finire tutto a tarallucci e vino. Perchè no. D’altronde in questo sciagurato Paese non sarebbe la prima volta.