Fase 2, il piano che c’è, ma non c’è. Dal 4 maggio avremo un allentamento della stretta, ma non uno stravolgimento delle misure di contenimento del Covid-19. Dopo le ubriacature televisive in cui si è assistito per settimane la lunga carellata di saccenti e pseudo-scienziati esperti in malattie infettive è arrivato il clamoroso piano messo a punto dai fenomeni dalla task force guidata da Vittorio Colao, che lancia la Fase 2 prevedendo una ripartenza con regole tutte da comprendere e di conseguenza con il rischio incorrere in multe pesanti. Insomma, saremo cornuti e mazziati… ma sempre in nome della “ripartenza all’insegna della massima cautela”, come dice Colao dopo il via libera di Giuseppi. Perchè, dicono i luminari della pandemia, serve la consapevolezza che si dovrà sempre tenere sotto controllo la curva epidemiologica e “non farsi trovare impreparati in caso di una possibile risalita”.

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Il magnifico gruppo di sapienti – non sarebbe stato meglio inserire gli imprenditori, gente che sa davvero cosa vuol dire lavorare, al posto dei professoroni o presunti tali? – che decidono quali libertà potremo permetterci raccontano di aver messo a punto una strategia nella consapevolezza che si dovrà sempre tenere sotto controllo la curva epidemiologica per non farsi trovare impreparati in caso di una possibile risalita. I luminari capitanati dall’ex manager di Vodafone hanno incontrato a palazzo Chigi le parti sociali, la cabina di regia delle Regioni, l’Anci e i rappresentanti delle Province. Tuttavia la confusione regna sovrana. Il governo dei decreti e delle task force fa ancora cilecca mentre “mister pochette” ripete che la revisione delle misure non significa un “liberi tutti, ma non possiamo chiudere i cittadini in casa per sempre”.

In definitiva il malgoverno giallorosso al momento della riapertura è ancora una volta miseramente impreparato come lo fu all’inizio del dramma. E l’avvocato del popolo, proprio per la sua conseta e totale incertezza, se avesse potuto ci avrebbe prolungato gli arresti domiciliari. E chissà per quanto ancora. Ma questo – grazie a Dio – non gli è stato possibile: di fatto è stato costretto a cedere alle numerose pressioni esterne delle attività produttive che reclamano la ripartenza per non cadere definitivamente in disgrazia. Anche se rimane alto il rischio che alcune di queste possano purtroppo dichiarare fallimento.

Intanto risulta che circa il 40% delle imprese sono già operative con autocertificazione che garantisce il rispetto delle misure di sicurezza, anche se il governo è stato anche in questo caso estremamente vago in merito a quali debbano essere tali misure. Regna dunque il caos, tanto per cambiare. Del resto il Veneto, governato da Zaia, ha fatto da Regione pilota rompendo con coraggio il lockdown imposto da Roma tornando in piena attività.

Assistiamo quindi a una riapertura a macchia di leopardo, all’italiana, come al solito. Il classico fai da te e avanti in ordine sparso, ognuno come crede sperando che gli vada bene, senza incorrere – sarebbe una beffa – in assurde sanzioni solo perchè si vuole salvare il proprio posto di lavoro. E facciamoci il segno della croce. D’altronde con la classe dirigente che ci ritroviamo non resta che alzare gli occhi al cielo affidandosi al Divino.

Il buon senso indurrebbe a pensare che là, dove si possa mantenere un distanziamento sociale adeguato si dovrebbe dare subito il permesso  di riaprire. E invece no, la teoria della casta si dimostra ancora una volta parecchio lontana dalla realtà, dalla gente che lavora davvero, che produce, che mantiene il Paese, che quotidianamente deve con fatica far quadrare i conti. Ma, siamo sinceri, i mantenuti dalla politica queste inconbenze come possono comprenderle visto che non non hanno mai saputo cosa voglia dire lavorare in maniera seria.

Gli amministratori locali sono dunque in pieno marasma. Dal malgoverno nessuna istruzione esaustiva sulla riapertura dopo il fatidico 4 maggio. Un esempio? Come potranno raggiungere il posto di lavoro in orario quei pendolari che utilizzano mezzi pubblici se potrà salire solo lo stesso numero di passeggeri pari ai posti a sedere disponibili? Ma la casta cosa ne può sapere di mezzi pubblici che si sposta con le auto blu. E nelle stazioni, in metropolitana, nelle piazze alle fermate  dei bus o dei taxi delle grandi città sarà possibile evitare assembramenti? Non sono forse gli stessi problemi che avranno i commercianti, i titolari di qialsiasi punto vendita o di ristoro, realtà commerciali alle quali Giuseppi e compagnia cantante ha imposto condizioni di riapertura demenziali poichè inconciliabili, come si diceva prima, con il buon senso? E allora che fare? Si riapre cercando di sopravvivere nella confusione totale di regole dette e non dette. Del resto non si può fare altrimenti. Ecco cosa succede quando manca una vera guida al paese, quando manca un vero premier che sa decidere.

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E poi ancora: perché un ristorante o un bar che riesce a garantire le cosiddette distanze di sicurezza non può aprire come invece aprono altri servizi? Stessa domanda può riguardare centri estetici, che tra l’altro sono già strutturalmente separati al loro interno, o per le barberie e parrucchiere che potrebbero comodamente riprendere come altri organizzandosi attraverso appuntamenti programmati. E invece per questi si è deciso che se ne riparlerà addirittura a giugno. E chi ha il cane potrà finalmente frequentare in tranquillità i giardini senza avere il terrore di essere individuato da un maledetto drone come fosse un feroce criminale per poi vedersi arrivare una pattuglia delle forze dell’ordine che gli contesta il gravissimo reato multandolo pesantemente? Non parliamone poi delle scuole che riapriranno a settembre, almeno così si dice, mentre in Germania e in Francia i ragazzi sono già tornati sui banchi.

Supermarket interior, empty red shopping cart.

E allora se ci fosse stato un poco di criterio, e ne bastava davvero poco, quel famoso buon senso, non avrebbe forse permesso alla straordinaria elite governativa di arrivare almeno a capire che tutte le attività che possono garantire le norme anti-contagio e la sicurezza dei lavoratori devono riaprire? Ma evidentemente si tratta di una faccenda troppo complicata per coloro che hanno la presunzione e l’arroganza di considerarsi leader in grado di reggere le redini diquanto assurdi mm un paese quando in realtà non saprebbero neppure amministrare un condominio o una bocciofila di quartiere.

E se così sta andando questa folle gestione dell’emergenza sanitaria è meglio non pensare al disastro della crisi economica che a breve potrebbe coinvolgerci. E a pagare il conto più salato come sempre saranno le fasce più deboli. Non certo i politicanti e la loro corte di presunti manager di Stato e il resto dei capitani coraggiosi che tra ricche indennità e numerosi privilegi non avranno certo problemi a mentenere il loro status quo.

Tra dubbi e polemiche l’Italia quindi prova a ripartire con una maggiore libertà di movimento. Solo allora riaprirà la maggior parte delle attività produttive ma i negozi dovranno attendere il 18 maggio.

Coronavirus-Lombardia

Intanto a livello territoriale sono stati chiesti chiarimenti su congiunti, mascherine e seconde case o la questione delle messe. In Veneto una nuova ordinanza supera il modello presentato da Conte per la Fase 2 e consente già da oggi l’attività motoria in tutto il territorio del Comune di residenza e viene consentito lo spostamento verso le seconde case o le barche. Anche in Campania da stamattina i runner hanno potuto infilare nuovamente le scarpette per correre allontanandosi un po’ in più da casa.

Per la Fase 2 “bisogna ancora cercare di limare un sacco le regole”, ha detto il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, commentando il nuovo provvedimento del Governo. Il governatore afferma che “ancora non si è entrati nel merito di alcuni problemi che secondo me sono assolutamente fondamentali, come per esempio l’obbligatorietà o meno dell’uso delle mascherine. Come faranno, per esempio, i genitori a tenere a casa i bambini se entrambi lavorano, essendo chiusi tutti gli asili nido e le scuole e anche presumibilmente i centri estivi?”.

“Sulla scuola e su come le famiglie dovranno organizzarsi siamo delusi, non abbiamo ancora capito cosa succede, abbiamo chiesto un ulteriore incontro alla ministra Azzolina che mi auguro avvenga questa settimana, altrimenti dopo il cartellino giallo tiro fuori il cartellino rosso”. Così dichiara Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna e della Conferenza delle Regioni. “Abbiamo capito che l’apertura delle scuole comporta un rischio evidente, ma vogliamo capire col governo quali saranno gli strumenti a sostegno delle famiglie e abbiamo bisogno di linee guida e risorse per riaprire i centri estivi”, ha aggiunto Bonaccini.

“Sulle messe, hanno ragione i vescovi: si facciano in sicurezza”, ha scritto su Facebook Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, commentando le misure del nuovo Dpcm emanato ieri e illustrato da Conte in conferenza stampa. “Penso che si potesse fin da subito – ha aggiunto Rossi – senza aspettare il 4 maggio, fare di più per le attività fisiche individuali all’aperto, per i bambini, per gli anziani e per tutti noi”. Inoltre, ha sottolineato il governatore, “se c’è l’obbligo delle mascherine spetta allo Stato garantirle e erogarle ai cittadini. Infine, si sarebbe potuto graduare le aperture regione per regione tenendo conto del quadro epidemiologico”.

E anche all’interno dello stesso governo arriva qualche voce critica. “Chi è lo Stato per decidere se andare a trovare un cugino e non la fidanzata? Queste norme sono incomprensibili”. Così il leader di Iv Matteo Renzi che annuncia: “Dirò la mia a Conte giovedì in aula al Senato”. “Questo decreto – aggiunge – non è che io lo possa cambiare come senatore: farei un bell’emendamento. Ma perché il premier ha scelto di fare un Dpcm e non un decreto legge? Se fosse così lo cambieremmo ma invece non è così”.  “Ci aspettavamo onestamente un’operazione più coraggiosa: si poteva, si doveva osare di più”, dice la ministra di Iv Teresa Bellanova.

Critiche anche dalla ministra Elena Bonetti. “La parola assegno non è stata pronunciata durante la conferenza stampa, ma la parola assegno è la figura fondamentale e, dal mio punto di vista, irrinunciabile per la gestione di questa fase”. Lo ha detto la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti riferendosi alla conferenza stampa del premier. La ministra aveva anche espresso dubbi sulla questione delle messe. “Che fine ha fatto il Piano Colao per le riaperture? Il Governo l’ha ignorato? Settimane di riunioni della task force ma nessuna soluzione applicata per luoghi di culto, bar e ristoranti, asili e centri estivi, seconde case, negozi. A rischio i diritti e la sopravvivenza economica”, lo scrive su twitter il deputato di Iv Michele Anzaldi.

Nel frattempo si immaginano scenari diversi mentre l’unica certezza è che nell’opinione pubblica il caos è totale e la preoccupazione per la mancanza di direttive certe non aiuta la ripresa.