La vocazione italica ancora una volta non tradisce la tradizione: il solito vizio di salire sul carro del vincitore rimane scolpito nel tempo. Non stupisce dunque come cambiano gli umori e le decisioni da parte di coloro che praticano la politica. Ma non solo. Umori altrettanto mutevoli si registrano anche da parte dei cittadini, dei giornali, dei maggiori e autorevoli commentatori, nonchè del reparto produttivo come Confindustria e addirittura da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Insomma, tutti o quasi tutti, fino a qualche giorno fa grandi sponsor di Conte e adesso come per magia ce li ritroviamo letteralmente schiacciati sul draghismo considerato la migliore opportunità per il paese.

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E’ sorprendente – quanto imbarazzante – osservare come possano di colpo cambiare visioni, strategie, decisioni.
Mario Draghi sembra dunque diventata l’unica persona in grado di far uscire dal pantano l’Italia. L’uomo giusto arrivato nel momento più disgraziato che può ridare credibilità al nostro paese sul piano nazionale, europeo e internazionale. Con il giro delle consultazioni che ha visto la sfilata dei vari partiti nessuno di questi si è tirato indietro. Tutti all’ordine per offrire il proprio contributo all’uomo che a questo punto pare essere diventato “la lunga mano Dio”, vista la stima e gli onori che gli sono stati tributati anche in campo internazionale.

E’ incredibile quindi constatare con quale velocità cambiano gli umori da parte della nostra classe di politicanti. E lascia altrettanto allibiti come cambiano le convinzioni – o sarebbe meglio definirle a questo punto pseudo-convinzioni – dei cittadini, dei maggiori giornali, di autorevoli commentatori, dei reparti produttivi come Confindustria per arrivare addirittura alle gerarchie ecclesiastiche. Insomma, tutti o quasi tutti, fino a ieri grandi sponsor di Conte e adesso, come d’incanto, completamente schiacciati sul draghismo, panacea per tutti i mali.

Ma tornando al “fascino” del carro del vincitore diciamo che sostanzialmente è la poltrona, con i  sostanziosi benefici economici ad essa legati, che  costituisce purtroppo il collante dei cosiddetti rappresentanti del popolo particolarmente attenti alle convenienze personali e molto meno agli interessi della Nazione. Infatti la dice lunga trovare ora sullo stesso fronte a sostegno del governo che verrà da una parte la Lega di Salvini, che temendo l’isolamento non ha impiegato un attimo ad aprire a Draghi rinnegando di fatto le simpatie sovraniste e anti-europeiste, e dall’altra il Pd di Zingaretti, che dopo anni di scontri durissimi e i rispettivi propositi di mai mettersi insieme, adesso addirittura rivendica follemente di essere riuscito a convincere il leader leghista a convergere sulle posizioni del Pd. Una banalità, quella di Zinga, che si commenta da sola. La verità è che ai dem non resta che giocare in difesa alla disperata ricerca di una giustificazione per salvare la faccia; avevano messo in conto di emarginare definitivamente Salvini mentre da quest’ultimo è arrivata una sonora e dolorosa mazzata nel momento in cui il leader leghista ha rapidamente accettato di appoggiare l’iniziativa Draghi spiazzando Zinga e i suoi.


Foto LaPresse/Emiliano Albensi 15/11/2013 Melfi Grillo in Basilicata per Succede Tour Nella foto: uno dei momenti del tour di Beppe Grillo in Basilicata. Grillo è arrivato nella regione lucana per sostenere la candidatura di Piernicola Pedicini alle elezioni regionali. Qui il leader del Movimento Cinque Stelle incontra i cittadini davanti a Fenice, l'inceneritore dell'indotto Fiat di Melfi.Foto LaPresse/Emiliano Albensi 15/11/2013 MelfiMovimento 5 Stelle party leader Beppe Grillo campaign in Basilicata

E di come gli equilibri, le idee, i programmi, le promesse in politica si modificano alla velocità della luce possiamo prendere un altro splendido esempio che mette sotto i riflettori coloro che incarnano perfettamente i saltafossi, gli ipocriti di razza che cambiano opinione a secondo le convenienze. I pentastellati, ormai allo sbando, costituiscono il gruppo dai peggiori voltagabbana che siedono in Parlamento: hanno sistematicamente tradito tutte le aspettative fatte al proprio elettorato. Dal vaffan… che indirizzavano ai partiti tradizionali hanno cambiato letteralmente e sfacciatamente casacca con la stessa facilità che ci si cambia la cravatta . Questi inetti senza arte nè parte hanno accettato qualsiasi provvedimento pur di rimanere inchiodati nelle Aule del palazzo cercando di allontanare lo spettro delle elezioni anticipate garantendosi così la prosecuzione dei privilegi. Molti di questi disperati incompetenti e presuntuosi  adepti del giullare genovese nel momento in cui si dovesse tornare alle urne Roma non la vedrebbero neppure con il binocolo e se ne tornerebbero nell’anonimato da cui erano usciti.

Ma ora, a parte le vergogne dei grillozzi, come farà Draghi a trovare la quadra per mettere d’accordo i vari partiti tutti intenzionati, a parte la Lega, a ritardare le urne anticipate per non subire un drastico ridimensionamento se non addirittura la definitiva estinzione? Di sicuro le contraddizioni interne di un Governo sostenuto da un simile  coacervo sono latenti ed esploderanno nel giro di poco tempo… magari con il primo barcone di migranti che arriverà sulle nostre coste.

Giorgia Meloni, 14 gennaio 2014 (Roberto Monaldo, Lapresse)

Fuori dall’ammucchiata il partito Fratelli d’Italia della sanguigna e combattiva Giorgia Meloni che con coraggio e determinazione fin da subito non ha accettato di far parte della compagnia confermando comunque la disponibilità a votare eventuali proposte qualora dimostrino di fare gli interessi del nostro paese. In sostanza Meloni fa capire di non perdere mai di vista l’Europa delle patrie formata da paesi che non sono assolutamente disposti a perdere la loro identità storico-culturale a favore dei nuovi padroni come la Germania e la Francia.

Insomma, su Draghi non vi è traccia di critica fra tutte le apologie che si rincorrono tra giornali e tv. Si commenta perciò da solo il generalizzato conformismo dei media nei confronti del premier designato al punto che non è azzardato affermare che la politica ha abdicato di fronte alla tecnocrazia. Resta il fatto che tale appiattimento del giornalismo italiano nel magnificare il nuovo ingresso dell’ex governatore della Bce è grave e preoccupa poichè è sintomatico di un conformismo strisciante che dovrebbe stimolare non pochi interrogativi in una democrazia che definiamo evoluta e sul ruolo di sentinella che dovrebbe essere garantito dai media.

Così se la comunicazione durante i “governi Conte” aveva i connotati di una deriva spesso autoritaria con la scusa della pandemia ora si delinea all’orizzonte il rischio di un atteggiamento prono a palazzo Chigi. La speranza è che si tratti solo di questa prima fase e che in seguito qualcuno si svegli da questa insensata “devozione religiosa” quando si manifesteranno – e questo è certo – dubbi sull’azione governativa e di conseguenza arriverà finalmente il momento della critica.

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Intanto le voci discordanti rimangono isolate, fuori dal coro dinnanzi al mare unanime di inaccettabile consenso. Tra queste merita evidenza la riflessione di Yanis Varoufakis, ex Ministro delle Finanze del governo radicale di sinistra di Alexis Tsipras, che ha conosciuto molto bene Mario Draghi: “Politicamente è al servizio dell’ordine finanziario perciò seguirà i diktat della Troika. Tecnicamente è molto capace e ha mostrato grandi capacità di capire cosa va bene e cosa no nella logica del servizio all’ordine finanziario e all’establishment. In questo senso è il premier ideale per l’Italia, se quello che voi veramente volete è implementare le politiche di Bruxelles e Berlino e di fingere che il Recovery Fund è veramente la salvezza dell’Italia. Mentre non è altro che un pacchetto di debiti”.

L’ex ministro greco aggiunge oltretutto che non è la prima volta che l’Italia si trova in condizioni di completo sbandamento causa il quale sono stati chiamati al timone uomini di provata fedeltà ai poteri forti internazionali. Come Mario Monti “il cui governo tecnico ha agito come voleva la Troika. È così che le cose funzionano nell’Eurozona, specialmente nei paesi vicini alla bancarotta, quelli che non sono sostenibili all’interno di questa unione monetaria, dove le decisioni politiche vengono dettate dall’estero, dai centri del potere finanziario e con il supporto entusiasta delle oligarchie locali, greche o italiane che siano, contro la grande maggioranza delle persone, del popolo. Draghi non sarà autonomo, come non lo era Monti. Dovrà riferire a partiti che ormai sono degli zombie, ma soprattutto a Bruxelles e Berlino”.

 

Open Doors Day in Strasbourg. Raising of the flags - Opening ceremony.

Ma non è tutto. Varoufakis, oggi deputato greco e leader del movimento paneuropeo Diem25, si spinge più in là sostenendo che “come democratico, voterei sempre contro un tecnocrate come Mario Draghi. E’ essenziale che noi difendiamo il diritto delle persone di scegliere chi le governa. E oltre a questo devo dire che ricordo bene quando Draghi è stato decisivo nella chiusura dei bancomat in Grecia così da impedire che il popolo greco decidesse liberamente nel referendum in cui si decideva la posizione da tenere nei confronti di Bruxelles. Penso che ogni democratico in Italia debba opporsi al suo governo”.

Ora comunque non resta altro che attendere gli sviluppi augurandosi che sia scongiurata una disgraziata dittatura del mercato, così come viene definita da chi immagina gli scenari più neri. Ecco perchè in questo particolare e delicato momento c’è la necessità di un intervento della mano pubblica. Mano pubblica però intelligente e decisa che sappia guardare lontano al servizio della comunità e non dei grandi capitali finanziari.