L’inizio degli anni Venti saranno nel mondo intero indissolubilmente legati al tremendo impatto del Coronavirus nella vite delle persone, delle istituzioni, delle imprese. Nel giro di poche settimane, la quotidianità, lo stile di vita e le modalità di lavoro delle persone sono state stravolte. Una recente indagine condotta su 85.000 persone in tutta Europa (UE-27) per conto di Eurofound ci aiuta a comprendere quale reale impatto stia avendo la pandemia di Covid-19 sul benessere e sul lavoro dei cittadini europei in questi primi mesi (i dati sono stati infatti raccolti fino al 30 aprile).

Benessere, finanza e Covid-19

All’interno dell’indagine emerge un quadro di sfiducia diffusa nei confronti dell’UE, dei governi locali, delle istituzioni in generale; tali sentimenti sono legati alla percezione di maggiori difficoltà sul piano lavorativo e finanziario. Il 38% degli intervistati ha dichiarato che la propria condizione finanziaria è attualmente peggiorata rispetto a prima che esplodesse l’epidemia e oltre la metà del campione (56%) di non essere in grado di mantenere il proprio standard di vita per più di tre mesi senza un’integrazione al reddito. Inoltre, si evidenzia un diffuso senso di solitudine e isolamento sociale come conseguenza del prolungato periodo di lockdown generale. Tutto questo ha una ricaduta sul benessere delle persone e l’indagine dimostra che, a preoccuparsi per il proprio benessere, sono soprattutto le persone affette da malattie o disabilità, i disoccupati, gli ultra cinquantenni e gli under-35.

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A livello comunitario le popolazioni che invece segnalano meno ripercussioni sul proprio benessere e che guardano con ottimismo alla ripresa, sono quelle scandinave, su tutti Danimarca e Finlandia. L’Italia si colloca ben al di sotto della media europea, mentre agli ultimi posti della classifica troviamo Grecia, Bulgaria e Croazia. La crisi causata dalla pandemia sembra quindi aver avuto un enorme effetto sul generale ottimismo della popolazione intervistata riguardo al proprio futuro. Solo il 45% ha affermato di essere fiduciosa pensando al futuro, rispetto al 64% dell’indagine condotta nel 2016 (Eurofound 2017).

Occupazione e Covid-19

Le misure di lockdown per limitare il contatto fisico nel tentativo di fermare la pandemia hanno portato ad una chiusura dei luoghi di lavoro senza precedenti in tutto il mondo. Tutto questo ha avuto delle ripercussioni evidenti: secondo Eurofound solo nel mese di aprile il 5% dei lavoratori europei ha perso il lavoro, mentre il 23% ha temporaneamente sospeso la propria attività lavorativa. Sono anzitutto gli uomini under-35 quelli ad aver risentito maggiormente della crisi, perdendo l’occupazione o registrando un arresto dell’attività lavorativa. Inoltre il 16% degli intervistati ha dichiarato di temere di perdere il proprio posto di lavoro nel prossimo futuro: questa percentuale sale molto in alcune nazioni, come Bulgaria e Grecia.

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Il 50% del campione intervistato ha indicato invece una riduzione dell’orario di lavoro – questo è avvenuto maggiormente in Grecia, Francia, Italia e Romania; solo il 7% afferma invece di aver incrementato l’orario rispetto ai mesi precedenti. In Svezia, Finlandia e Danimarca di contro emerge la porzione maggiore di intervistati che hanno dichiarato di non aver risentito in termini di aumento o diminuzione di orari del proprio lavoro.

Come è stato spesso evidenziato, lo smart working è divenuto uno strumento molto diffuso allo scopo di contenere il diffondersi del Coronavirus e, allo stesso tempo, garantire la tenuta economica mondiale e europea. Secondo Eurofound il trend si conferma in tutto il Vecchio Continente: oltre un terzo degli intervistati (37%) ha iniziato a lavorare in smart working. Questo è accaduto primariamente nei paesi scandinavi e Benelux. L’Italia si colloca solo al nono posto della graduatoria; mentre al fondo troviamo Romania, Grecia, Croazia e Ungheria.


Work-life balance e Covid-19

Tuttavia questa particolare modalità di smart working, interamente svolta da casa, è sembrata lontana per molti aspetti da quella abituale. Le complessità emerse nel portare avanti attività in smart working, in un contesto di distanziamento fisico e sociale in cui le persone si ritrovano confinate nelle proprie abitazioni, comporta uno stress aggiuntivo per i lavoratori. Il cambiamento dei modelli di lavoro a seguito del Covid-19 ha inciso soprattutto sulle persone coinvolte nella cura di bambini piccoli e adolescenti, dato che nelle circostanze appena vissute non hanno potuto contare sui servizi di assistenza all’infanzia. Maggiori complessità sono arrivate poi dalla gestione della didattica a distanza e dai maggiori carichi di cura connessi con i bisogni familiari.

Verso una Europa più “sociale”

È ormai evidente che il Coronavirus abbia impattato sulla vita delle persone modificando le abitudini di lavoro, di vita quotidiana, minando la sicurezza e la fiducia delle persone nei confronti dell’intero ecosistema. Le ripercussioni non sono però uniformi. Alcune fasce di popolazione e alcuni Paesi stanno risentendo maggiormente degli effetti economici e sociali della pandemia.

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In particolare, anche dai dati di Eurofound sembra che a risentire maggiormente della crisi è l’area dell’Europa meridionale compresa la Francia, mentre il blocco scandinavo e il Benelux stanno affrontando con maggiore adeguatezza il cambiamento in atto, registrando un impatto più mitigato sia sul fronte occupazionale che su quello del benessere delle persone. Questo è probabilmente dovuto a molteplici fattori tra cui una maggiore ed efficiente infrastruttura digitale (DESI 2019), un’abitudine più diffusa nel gestire modalità di lavoro da remoto (Eurofound e ILO 2017), una divisione dei compiti di cura familiare più equa fra generi, un sistema di welfare più generoso ed efficiente.

Ora che il Coronavirus sta allentando la morsa in Europa, che la fase del lockdown è archiviata e che le istituzioni europee si preparano a stanziare risorse economiche senza precedenti, sarà fondamentale dare seguito a politiche comunitarie capaci di favorire la ripresa delle imprese e sostenere le famiglie. Il Covid-19 ha messo alle strette intere comunità, mostrando l’importanza di un welfare state sano, articolato e capace di rispondere con adeguatezza e flessibilità alle sfide della contemporaneità. Per questa ragione oggi più che mai è cruciale investire su politiche volte a incentivare l’occupazione e la formazione continua, il processo di infrastrutturazione digitale e l’avanzamento tecnologico, la conciliazione vita-lavoro e il sostegno alle famiglie, il contrasto alle nuove forme di povertà.

di Luca Oliva