Coronavirus, guerre commerciali, borse a picco, tensioni geopolitiche, mancata intesa Russia – Arabia Saudita all’incontro OPEC+ e conseguente crollo del prezzo del petrolio. Quanto tempo manca al collasso del sistema globale? Che rischi corre il sistema economico internazionale, quanto tempo resta prima di un eventuale disastro se alcune chine preoccupanti dovessero perseverare?

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Dopo il tracollo della borsa registrato in questi giorni, seguito alla paura scatenata dall’estendersi del contagio da coronavirus a livello globale, gli investitori cominciano a valutare quale potrà essere l’impatto dell’epidemia partita dalla Cina. Timori e incertezza serpeggiano ovunque, ma quali saranno le reali conseguenze sull’economia delle misure anti-contagio messe in campo in tutto il mondo nessun analista in questo momento è ancora in grado di quantificarlo con precisione.

Cominciano a circolare stime molto pessimiste in cui si prevede una diminuzione del nostro pil che varia tra l’1% e il 3% nel primo e secondo trimestre 2020. Tuttavia dobbiamo considerare che si tratta di conti che potrebbero essere stravolti dall’evoluzione della crisi.

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Il coronavirus è questione rilevante su tutti i fronti perché la Cina oggi rappresenta non meno del 20% dell’economia mondiale. Dunque la recessione globale è una possibilità da tenere presente, purtroppo. Resta comunque il fatto che sarà importante capire come dall’economia reale il fattore epidemia si trasmetterà sulla dinamica dei mercati finanziari che sono – come lo sono sempre stati – molto influenzati dai fattori psicologici. Non si vuole certo innescare un allarmismo economico, oltre a quello sanitario già esistente, tuttavia le forti preoccupazioni restano.

Poiché l’economia mondiale e i mercati finanziari globali sono già stati colpiti dagli effetti negativi prodotti dal  Covid-19, il calo dei prezzi del greggio ha provocato a sua volta un inevitabile consistente ribasso del mercato azionario. Tutto è cominciato con un’incomprensione tra Arabia Saudita e Russia durante le ultime trattative relative alle forniture di greggio. L’Arabia Saudita intendeva ridurre le forniture globali di greggio poiché la domanda era diminuita in seguito al calo delle attività produttive, soprattutto in Cina, e alla brusca riduzione degli spostamenti aerei.

 

 

FILE PHOTO: Traders work on the floor at the New York Stock Exchange (NYSE) in New York, U.S., April 4, 2019. REUTERS/Brendan McDermid/File Photo

Nei primi due mesi di quest’anno i mercati finanziari globali hanno subito turbolenze non trascurabili. Verso la fine del mese scorso l’azione aveva già perso 6 milioni di dollari per i timori legati al coronavirus. Dunque, l’aumento delle pressioni correlate a grandi svendite del greggio potrebbe arrecare danni irreparabili all’economia mondiale. Se volessimo fare delle previsioni sul futuro assetto del mercato nei prossimi due mesi, va detto che tutto dipenderà dalla rapidità con cui le attività economiche ritorneranno alla normalità.

In sostanza il mondo al momento si trova a dover affrontare due nemici: la paura del coronavirus e tutte le conseguenze economiche causate da questa epidemia globalizzata, comprese quelle legate al prezzo del petrolio. Il covid-19 diventa perciò  il maggiore colpevole poiché qualsiasi calo del prezzo del petrolio sarà probabilmente impattato dagli effetti del virus dell’economia globale. Immaginando lo scenario più cupo possiamo avanzare quindi l’ipotesi che se la pandemia – perchè di questo si tratta – non si placherà nella sua forza di propagazione entro la metà di aprile possiamo sostenere di stare già assistendo a una progressiva catastrofe, ossia una crisi economica di vaste proporzioni. Naturalmente ci auguriamo che questo non accada ma purtroppo anche il peggio lo dobbiamo mettere in conto. Alla fine dell’analisi, vista la situazione, l’unica certezza è l’incertezza.

Così mentre si lotta contro alla pandemia si dovrà inoltre fare i conti con i mercati, fra tutti i prezzi del greggio che in pochi giorni potrebbero crollare del 30%. Aggiungiamo inoltre che queste due condizioni sono strettamente legate se effettuiamo una valutazione dal punto di vista dei mercati petroliferi. Quanto alla domanda in tutto il mondo sono diminuiti in maniera significativa i volumi dei trasporti e questo vale soprattutto per la Cina, l’epicentro dell’epidemia del coronavirus.

Teniamo in considerazione che il “paese del Dragone” assume un ruolo centrale relativamente al crollo dei prezzi in quanto a questo importane protagonista economico è dovuto l’80% dell’aumento della domanda di oro nero negli ultimi 2 anni. Ne consegue che l’assenza di questo importante attore, nonché la diminuzione dei trasporti verso altri centri internazionali della domanda, come Europa, Usa e Giappone, hanno generato un’eccedenza sul mercato globale di circa 3,5 milioni di barili al giorno. E questo ha provocato il crollo dei prezzi.

Ma c’è un altro elemento che rischia di essere sottovalutato: il petrolio a basso prezzo sarà probabilmente un ostacolo per le quelle attività che si sono con il tempo rinnovate con l’obiettivo di  contrastare i cambiamenti climatici per migliorare l’economia basata sulla riduzione delle emissioni e diventerà inevitabilmente un fattore avverso al mercato di automobili elettriche che al momento sta registrando una crescita significativa. Quindi in definitiva petrolio conveniente è anche sinonimo di criticità per le politiche volte a creare e migliorare i trasporti pubblici.

Molti sono dunque gli elementi ancora ignoti o di difficile comprensione. Tuttavia, considerata la situazione nella sua interezza, un petrolio estremamente conveniente, affiancato da una prolungata diffusione della calamità virus, avrà un impatto negativo sia sui singoli Paesi sia sul mondo intero.

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Gli operatori intanto guardano alle mosse delle banche centrali, e in particolare alla Bce e alla Federal Reserve, e agli interventi dei governi, che cominciano a varare misure per fronteggiare la crisi. In Cina l’istituto di emissione è già intervenuto più volte a sostegno del sistema economico, in Giappone l’esecutivo ha varato un programma di aiuti da circa 2,3 miliardi di dollari. Negli Stati Uniti il presidente della Fed, Jerome Powell, ha detto di essere pronto a intervenire sui tassi. «L’emergenza coronavirus comporta rischi in evoluzione. Per questo la Fed, se necessario, è pronta ad agire in maniera adeguata per sostenere l’economia», ha detto il banchiere centrale. Mentre su un altro fronte intervengono gli investitori che  invocano misure anti-contagio a sostegno dell’economia, fisco espansivo e più liquidità.

Intanto rimane sullo sfondo la preoccupazione, l’ansia della precarietà. Segno che in tutto il mondo ora la paura principale è una frenata brusca dell’economia.