La Corte ha ritenuto censurabile la fissazione da parte del governo delle disponibilità finanziarie da destinare al settore, in assenza di criteri certi e obiettivi fissati dal legislatore. «Questo passaggio della sentenza rende necessario l’intervento del Parlamento per ridefinire tali criteri e obiettivi», rileva il segretario generale della Fnsi.

3da8447cc2b0b8dd0833d10bacd40fcc_XL

 

«La sentenza della Corte Costituzionale in materia di contributi all’editoria riveste particolare importanza. Pur non riconoscendo l’esistenza di alcun diritto soggettivo delle imprese editoriali a ricevere contributi pubblici, la Consulta ribadisce che tutelare e sostenere il pluralismo dell’informazione è ‘un imperativo costituzionale’. Per questa ragione ha ritenuto censurabile la fissazione da parte del governo delle disponibilità finanziarie da destinare all’editoria, in assenza di criteri certi e obiettivi fissati dal legislatore. Questo passaggio della sentenza rende necessario l’intervento del Parlamento per ridefinire tali criteri e obiettivi». Lo afferma Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della Stampa italiana, commentando la decisione dei giudici costituzionali.

Speciale editoria

L’attuale sistema, rileva infatti la Corte Costituzionale, ‘è affetto da un’incoerenza interna, dovuta a scelte normative che prima creano aspettative e poi autorizzano a negarle’. «Tutto il contrario – prosegue Lorusso – della narrazione propinata dal sottosegretario all’Editoria, Vito Crimi, e dai suoi sodali, basata su un assunto evidentemente falso, quello cioè che i governi precedenti all’attuale, avrebbero elargito le risorse con assoluta discrezionalità. L’unica discrezionalità ravvisabile in questa vicenda è quella del sottosegretario in carica che si è arrogato il diritto di tagliare il fondo per il pluralismo dell’informazione, ponendo le basi per la chiusura di numerose testate e la perdita di un migliaio di posti di lavoro».

«È pertanto auspicabile – conclude il segretario generale della Fnsi – che il Parlamento si riappropri della materia e riscriva le regole per un settore che va rilanciato anche con il sostegno pubblico, esattamente come avviene in altri Paesi dell’Europa e del mondo. Anziché rallegrarsi per i tagli, il sottosegretario Crimi farebbe bene a riflettere sul fatto che l’Italia è al penultimo posto in Europa per i finanziamenti all’editoria e a riconsiderare l’impostazione data ai cosiddetti Stati generali, diretta a colpire il pluralismo, a cancellare il pensiero critico, a ridurre i posti di lavoro e, in ultima analisi, a impedire all’opinione pubblica di informarsi correttamente».