In giro si avverte nuovamente puzza di lockdown, ovvero di ulteriori restrizioni e chiusure. Per il momento la politica nicchia in attesa di compiere specifiche verifiche con i tanti esperti di cui si è attorniata e preferisce procedere con gradualità, quasi a voler preparare psicologicamente i cittadini a nuovi draconiani provvedimenti che verranno semanticamente camuffati con termini meno capaci di suscitare indignazione e riprovazione sociale. Strategia comunicativa spesso utilizzata dai governi per far accettare azioni sgradite alla popolazione. A giustificazione di ciò l’elevato numero di cittadini positivi al Covid-19 sebbene asintomatici, per fortuna niente a che vedere con la disperazione e la morte conosciute durante la scorsa nefasta primavera.

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Senz’altro è nell’aria la volontà di adottare misure drastiche che sospinte e giustificate da ragioni sanitarie andranno ad incidere sulle libertà individuali e collettive costituzionalmente garantite, oltre che sulla tenuta economica di milioni di partite iva: bar, ristoranti, alberghi, agenti di commercio, produttori e distributori di cibo e bevande, negozi di vicinato. Insomma, per chi sa leggere tra le righe sembrano essere in cantiere azioni mirate con lo scopo di riproporre quanto avvenuto nella Fase 2. Del resto la proroga recente dello stato d’emergenza nazionale sino al prossimo 31 gennaio 2021 ne sarebbe la prova provata fornendo al governo giallo-rosso un utile ombrello normativo per l’adozione di decreti nazionali e quindi ordinanze regionali sempre più severe.

Vietare, obbligare, proibire in pochi mesi sono divenute le parole d’ordine della politica nazionale anche con lo scopo di nascondere ritardi e inefficienze del sistema sanitario nazionale per lunghi anni vittima di mala gestio e di tagli di spesa sconsiderati. Un mix esplosivo che sta mettendo a dura prova gli ospedali anche nei territori in cui esistono apprezzati esempi virtuosi. Molto semplice imporre per legge il coprifuoco e la domiciliazione forzata, altrettanto complesso garantire la convivenza con la malattia che si nutre e si alimenta anche di paura, ansia generalizzata, terrore.

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Le condizioni per ulteriori restrizioni sembrano essere molto simili a quelle già note. A fornire un utile supporto anche i media che nello sposare le tesi scientifiche più catastrofiste e apocalittiche fanno da grancassa alla incocludente politica. In sostanza la miscela sarebbe pronta per garantire l’adozione di atti liberticidi e probabilmente poco utili nel combattere l’epidemia. Ciò potrebbe avvenire con anticipo in alcune regioni che più di altre in questa fase stanno vivendo l’emergenza (Lombardia, Lazio, Campania). Alcuni territori saranno capofila di ordinanze aventi lo scopo di arginare il diffondersi del virus: restrizioni utilizzate come capisaldi giustificativi per coprire l’inifficacia dell’azione di governo del territorio. Ai cittadini, doppiamente vittime, non resta che verificare cosa accaddrà da qui a non molto in attesa della miracolosa panacea, ovvero il salvifico vaccino.

Intanto, il tanfo putrescente del lockdown si sta nuovamente diffondendo da Nord a Sud tracciando una linea di uniformità dalle Alpi alla Sicilia che potrebbe trovare concretezza da qui a non molto.

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A finire nel mirino il periodo natalizio compreso tra l’otto dicembre e il sei gennaio, mese notoriamente caratterizzato per lo svolgimento di cene familiari e di lavoro, aperitivi tra amici, shopping e serate in compagnia con lo scopo di limitare ed evitare i momenti di aggregazione per ridurre i contagi. Senza dubbio una situazione delicata che segnerà per sempre la demarcazione tra il prima e il dopo Coronavirus con pesanti ricadute nell’ambito sociale e individuale.

di Pippo Della Corte