Ci risiamo: va in scena l’ennesimo ballo dei cialtroni di palazzo. Del resto lo sport del saltafossi è il loro preferito. Questi scappati di casa senza arte nè parte cambiano partito o schieramento con la stessa facilità che ci si cambia la cravatta. Ormai li conosciamo bene, sono gente scafata, certo, ma noi non siamo imbecilli. Sappiamo bene che il loro maggiore terrore è lo spettro del voto anticipato e allora sono disposti a tutto pur di mantenersi stretta la poltrona super pagata.
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E’ proprio vero che sotto il sole non c’è mai nulla di nuovo; anni fa nel Parlamento c’era la caccia ai voti di sostegno per continuare una legislatura. Una parte dell’emiciclo gridava contro ai Scilipoti o ai Razzi di turno, definiti dai “campioni” della morale come traditori, voltagabbana, mignotte, volgari opportunisti che non volevano perdere le cospicue prebende. Ora invece, ma guarda un po’, sempre gli stessi bacchettoni “maestri” del corretto comportamento istituzionale che si considerano esempi di severo rigore, chiamano gli stessi camaleonti dell’Aula  “costruttori”. E’ incredibile. A gente del genere che nobilita a secondo le proprie convenienze lo spudorato giochino del salto della quaglia non interessa nulla del destino del Paese, se tanti e tanti italiani si ritrovano in questo dannato periodo in gravi difficoltà. A questi cialtroni interessa solo ed esclusivamente il proprio tornaconto. Questa è la verità. Purtroppo.
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Così Giuseppe Conte, il voltagabbana per antonomasia, e la sua già raffazzonata maggioranza vanno questuando in cerca dei voti al Senato per raggiungere la maggioranza assoluta, fissata a quota 161. E a intervenire in soccorso del mal-governo potrebbero arrivare appunto gli impresentabili opportunisti che si fanno chiamare “costruttori”, dopo essere stati battezzati in un primo momento con il nome ‘responsabili’.

Ora però tra il pantano istituzionale sorge spontanea una semplice riflessione: può Mattarella permettere che Conte vada a racimolare qualche sbandato in Parlamento senza un passaggio formale al Quirinale? La logica – se di logica si può parlare in tale ambiente – insegnerebbe che tale passaggio sarebbe opportuno. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che il capo dello Stato è padre fondatore di questa ammucchiata rosso-gialla e vorrà di conseguenza fare di tutto per salvare la sua creatura. Soprattutto se sta coltivando l’idea di una sua rielezione al Quirinale.
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Evidentemente, contrariamente a quello che lui stesso aveva più volte detto, stare al Colle gli piace. Quindi il buon Mattarella per rimanere lì dov’è altri sette anni potrebbe non avere alternative all’azzardo di un raccogliticcio Conte-ter. E allora largo ai transfughi, ai volta casacca, alle girandole… è arrivato il loro momento.
Certo sarebbe una azione mortificante, irrispettosa nei confronti degli italiani, quella del presidente, qualora fosse intenzionato a mandare avanti una legislatura di fatto al copolinea, al solo scopo di preservare una armata Brancaleone da lui battezzata che tra qualche mese gli assicurasse la rielezione al Quirinale. Peggio ancora se pensiamo a una presidenza già macchiata dai silenzi sull’abuso dei Dpcm e dalla firma dei decreti legge dei “pieni poteri” al capo del Governo (decreti n. 6 del 23 febbraio 2020 e n. 172 del 18 dicembre 2020).
Ma vediamo chi sono gli innominabili che pretendono di essere chiamati costruttori… dei propri interessi, però. Bene, si tratta dei senatori e deputati che devono surrogare i voti di Italia viva in Parlamento per permettere a “mister pochette” di tirare avanti. Soprattutto a Palazzo Madama, dove i numeri sono tradizionalmente risicati. E’ una truppa eterogenea formata da eletti all’estero, fuoriusciti in polemica dai partiti di appartenenza e grillini “desesperado” allo sbando consapevoli che se si dovesse tornare alle urne prima della scadenza naturale della legislatura  Roma non la vedrebbero più neppure con il binocolo.
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Il problema è che non bastano. Cinquestelle, Pd, Leu e il gruppo delle Autonomie, da considerare integrato alla maggioranza, mettono insieme 141 voti. Ne mancano almeno una ventina. Più dei renziani, che sono 18. E questo è facilmente spiegabile. Perché, dal gruppo Misto, da sempre arriva una quota sicura di voti a sostegno dell’esecutivo, quando ce n’è bisogno. Il Maie, per esempio, è già un partner stabile. Mentre gli ex grillini decidono volta per volta a seconda delle convenienze. I buoni a nulla reclutati dal guru genovese dicono tutto e il contrario di tutto. Promettono e un istante dopo tradiscono qualsiasi promessa alla faccia dei tanti elettori che li avevano votati e che ora piuttosto di ridargli fiducia si taglierebbero le mani. Basta guardare un qualsiasi sondaggio e la costante erosione del consenso lo testimonia.
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A conti fatti, se l’operazione di ingaggiare i senza vergogna dovesse in qualche maniera andare in porto, l’impresentabile Giuseppi – a capo degli impresentabili – dovrà quindi escogitare una ragione sociale al branco dei peones anche per tranquillizzare il vecchio Mattarella terrorizzato che l’esecutivo sia appeso ai capricci dell’ultimo sconosciuto senatore. E sarebbe davvero una beffa se proprio l’ultimo sconosciuto senatore gli mandasse all’aria i piani per mettere le mani sul secondo settennato. Ecco allora il gran da fare dell’avvocato del popolo che negli ultimi giorni starebbe tentando di allargare la base dei “costruttori” anche a esponenti del centrodestra. Questo lo farebbe sentire più al sicuro, dicono le immancabili gole profonde. Quindi è partito il mercato delle vacche in cui si consuma prima fra tutte la solita promessa: quella di garantire – a parole, naturalmente, – la sicura rielezione alle prossime elezioni sperando, in questo modo, che qualche balordo esca allo scoperto e accetti di far parte dell’ammucchiata. E frequentemente l’indecente, oggi aspirante “costruttore”, abbocca. Inutile dire che in queste ore i telefoni sono incandescenti, le pressioni sono continue, asfissianti.
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Sembra che da Forza Italia abbiano intenzione di appoggiare l’operazione pur restando formalmente all’opposizione. Ma ora, con tutta sincerità, ne varrebbe la pena di mettere la faccia su un tale disastro annunciato a soli due anni dalla fine della legislatura? L’illusione, perchè di questo in realtà si tratta, una pia illusione, di poter giocare qualche carta nell’elezione del prossimo inquilino del Colle non vale proprio il rischio.
Il Pd, che inizialmente sembrava contrario, adesso evoca i “costruttori” come i salvatori della Patria.
Non solo. Tra i dem si dice che serpeggi la speranza che Italia Viva vada in frantumi e che alcuni renziani comincino a meditare una marcia indietro, ossia un ritorno alla casa madre, dai vecchi compagni di partito, preoccupati dall’isolamento in cui sono piombati dopo la mossa dell’ex premier che ha lasciato cadere le aperture di Conte ritirando le sue ministre.
In tutto questo squallore in cui si arrabattano incapaci e miracolati della politica rimane comunque una sola certezza: qualsiasi cosa pur di evitare elezioni anticipate. Qualsiasi cosa, costi quel che costi. Dunque non illudiamoci sulla possibilità di andare al voto questa primavera. Contrariamente a quello che ci raccontano da un anno con la campagna di vaccinazioni già avviata, le misure di distanziamento e i dispositivi di protezione che già adottiamo, si potrebbe votare in tutta sicurezza, come molti altri Paesi hanno fatto nei mesi scorsi. Non raccontiamoci balle: se ci mettiamo in fila per entrare in un negozio o al supermercato, possiamo benissimo metterci in fila anche per votare. La democrazia non è meno importante dello shopping. O no?