Il cazzotto di Lamorgese, il malessere del ‘Nord’ di Giorgetti, Fedriga, Zaia, i candidati-pastina delle Amministrative, a partire da quello di Roma, che ha più probabilità di perdere che di vincere, il leader della Lega è in difficoltà su tutti i fronti

Una staffilata. Dopo giorni e giorni di polemiche martellanti, il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese sferra un micidiale uppercut, degno di un Mike Tyson; ed essendo Matteo Salvini il destinatarioè da credere che il pugno sia partito solo dopo che il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dato il suo placet. Anche la tribuna scelta è autorevole: ‘Il Corriere della Sera‘.
No, non è un bel momento per il leader della Lega: prima si abbandona a dichiarazioni come «la varianti nascono come reazione al vaccino» (affermazione irrisa da praticamente tutto il mondo scientifico); ora deve incassare il cazzotto Lamorgese: «Il Green pass è fondamentale per supportare la ripartenza in sicurezza delle imprese e del Paese. La linea del governo è netta: estenderne quanto più possibile l’utilizzo e completare il piano vaccini che, tra l’altro, sta andando molto bene». Poi il colpo definitivo: «Certo, quando gli attacchi partono da chi sostiene il governo, diventando martellanti e personalifiniscono per danneggiare l’immagine dell’amministrazione e dell’intero esecutivo, in un momento molto delicato per il Paese nel quale occorrerebbe più coesione».

No, non è un bel momento per il leader della Lega. Volendo far ricorso a una metafora, si può immaginare Salvini come un leone in gabbia, prigioniero di un ‘vorrei, ma non posso; vorrei, ma non so’. Quel ‘Nord‘ che pensa Legamostra sempre più espliciti segni di insofferenzaPerché è un Nord che vede come fumo negli occhi la politica ambigua di Salvini sui vaccini e sul Green pass. Quel ‘Nord’ è sensibile alla produzione, alla ‘ripresa’ economica; chiede e vuole un esecutivo nella pienezza delle sue funzioni, non desidera turbolenze e perturbazioni, vuole un governo stabile. Un ‘Nord’ a cui non piace per nulla quella specie di cul de sac in cui Salvini si è cacciato: sta dentro una morsa che fa perno su Giorgia Meloni e i suoi Fratelli d’Italia. Interpreti di questo malessere il trio Giancarlo GiorgettiMassimiliano FedrigaLuca Zaia, un asse che ‘copre’ Lombardia, Friuli, Veneto.
Il Presidente della Regione Veneto, Zaia, mette le mani avanti: «La linea che vince è quella della responsabilità messa nero su bianco dai governatori». Più sottile, ma ugualmente esplicito, Giorgetti: «Draghi deve essere per noi quello che Dini è stato per la sinistra». Lamberto Dini, in anni vicini, ma che al tempo stesso sembrano remoti, è stato quel Presidente del Consiglio che ha di fatto ‘traghettato’ la Lega nel mondo dell’affidabilità moderata e dei circuiti internazionali.

Per Salvini si avvicina la scadenza delle elezioni amministrative. A prescindere dagli schieramenti, per la Lega in quanto taleci sarà poco di che essere soddisfattiA Milano, per esempio, la scelta di puntare su Luca Bernardo come candidato Sindaco è valutata come una impresa disperata. Uno schiaffo ulteriore potrebbe venire da Varese, feudo un tempo di leghisti vecchio conio come Umberto Bossi e Roberto Maroni, e dello stesso Giorgetti. Il sindaco uscente, Davide Galimberti, sostenuto da Partito Democratico e Movimento 5 Stelle è dato largamente vincente rispetto al candidato targato Lega, Matteo Bianchi.
E’ opinione comune che nel complesso il centro-destra abbia sbagliato le candidature, e che le elezioni amministrative vedano vincenti il centro-sinistra. Nonostante il centro-destra vanti un 45-47 per cento di consenso tra chi andrà a votare, in alcune città chiavecome MilanoNapoliRomaTorinoil centrodestra è messo malee la Lega in particolare. Salvini, Meloni e Silvio Berlusconi hanno puntato su candidati privi di appeal, presso il potenziale elettorato. Candidati-pastina. Un po’ tutti i partiti (o quello che ha preso il loro posto) sono carenti di classe dirigente; un guaio anche per la Lega, che pure da tempo amministra consistenti realtà locali.

Se a Milano si piange, a Roma non c’è proprio nulla di che ridere. Il candidato voluto da Meloni, Enrico Michetti, si presenta come ‘civico’. Si capisce: è ancora fresco il ricordo della fallimentare amministrazione di Gianni Alemanno. I sondaggi, per quello che valgono, danno al primo turno, Enrico Michetti al 35 per centoRoberto Gualtieri al 27 per centoVirginia Raggi al 22 per centoCarlo Calenda al 14-15 per centoSe Michetti andasse al ballottaggio con Gualtieri probabilmente perderebbeperderebbe anche contro Calendavincerebbe invece contro Raggi: un duelloquest’ultimomolto improbabile. Sono i risultati di sondaggi riservati commissionati da Berlusconi; per questo il patron di Forza Italia non nasconde la sua preoccupazione per quella che si annuncia una probabile debacle. A dirla tutta, nei ‘palazzi’ che contano, Gualtieri viene già dato come il nuovo Sindaco della Capitale. Vero che i sondaggi dicono una cosa, le urne un’altra; tuttavia questa è l’aria che si respira a Roma.
Chi vince a Roma, di fatto vince le elezioni. E da questo voto passa il futuro dell’esecutivo e il candidato per il Quirinale.

Valter Vecellio – L’Indro