Ho sempre immaginato che attraversasse la splendida città di Roma ancora prima dell’alba per raggiungere la radio prima delle 6,30. Poi, una volta in redazione, avrebbe cominciato a controllare tutti quei giornali freschi di stampa e ancora intrisi di quell’odore tipico della carta stampata per capire la “gerarchia” – così usava dire sempre l’ex direttore – delle notizie e poi avrebbe iniziato a raccontare ai radioascoltatori mattinieri e fedeli ciò che era avvenuto la giornata precedente.
“Buon giorno agli ascoltatori e benvenuti a Stampa e Regime la rassegna stampa di Radio Radicale. Scusatemi del ritardo ma oggi l’analisi dei fatti richiede più tempo”, così era solito esordire intorno alle 7,35 Massimo Bordin morto giovedì scorso a Roma all’età di 67 anni dopo una lunga malattia che non gli aveva impedito di andare in diretta fino al primo aprile per trasmettere con quella sua voce inconfondibile interrotta da colpi di tosse – anche quelli tenevano compagnia – la sua rassegna stampa dai microfoni di Radio Radicale. Per ricordare il grande maestro di giornalismo la radio ha trasmesso le note del Requiem che introduceva la mattina la messa in onda della sua trasmissione.
La scomparsa del giornalista forse più conosciuto dell’emittente  avviene proprio nei giorni in cui Radio Radicale sta combattendo una battaglia per la propria sopravvivenza dopo l’annuncio del governo –  la compagine dei 5 Stelle – di non voler rinnovare la convenzione che lega la radio al Mef, la legge di bilancio che ha disposto una importante riduzione economica, per staccare la spina all’emittente storica.
Tra Bordin e gli ascoltatori era nato da anni un rapporto stretto, di grande stima e simpatia, in cui il giornalista raccontava i fatti della politica di questo nostro sciagurato Paese con commenti spesso sarcastici, puntuti ma sempre eleganti e raffinati che facevano comprendere una base culturale particolarmente vasta.
Con la scomparsa di Bordin si è spenta purtroppo  la voce della libertà e dell’intelligenza. Di parte, sì, ma mai fazioso. E’ stato indubbiamente  uno degli interpreti più autorevoli della politica italiana e mancherà a tantissimi un professionista schivo ma colto riconosciuto dal nostro giornalismo, da quello autentico che sa trovare il giusto equilibrio tra il rigore professionale e l’impegno politico-civile. Merce rara di questi tempi. La sua dipartita deve essere di stimolo per combattere con ancora più vigore affinchè Radio Radicale continui a trasmettere la libertà di informazione. “Conoscere per deliberare” aveva insegnato Marco Pannella, l’altro gigante della galassia Radicale.
Intanto politici e giornalisti si stanno mobilitando per salvare dalla inqualificabile volontà del Movimento 5 Stelle di mettere fine a un bene comune. I funerali di venerdì alla facoltà Valdese di Roma hanno richiamato tantissime persone ma oltre alla perdita di un collega  o un amico vi era l’urgenza di trovare un modo per salvare la radio in pericolo di morte e a cui Bordin aveva consacrato la sua vita. Lanciata nel 1976 e riconosciuta dopo poco dalla Stato come media di interesse generale senza nessun tipo di pubblicità o promozioni varie Radio Radicale è nata grazie alla lungimiranza di Pannella che per decenni ha incarnato il Partito Radicale.
La radio trasmette in diretta e senza mediazioni giornalistiche le sedute parlamentari, le sedute del Csm, i processi più importanti, i lavori di tante altre sedi istituzionali e nel corso degli anni la radio ha costruito un archivio senza pari, vero luogo della memoria della democrazia. Radio Radicale ha sempre funzionato grazie alle sovvenzioni pubbliche dovute proprio alla sua missione di interesse pubblico che del resto le viene ampiamente riconosciuto. Ma ora questi politici improvvisati spesso senza arte nè parte, autentici miracolati per aver ottenuto un seggio in Parlamento vogliono mettere fine a questa esperienza radiofonica, la voce dell’Italia libera. La voce della libertà.
Bordin con Stampa e Regime – e altri appuntamenti importanti come speciale giustizia o le famose conversazioni domenicali con Pannella – era divenuto una sorta di interprete storico che riusciva a dipanare il groviglio della politica nostrana facendo capire agli ascoltatori quali erano i dibattiti interni, quali erano le connessioni di questi dibattiti. I suoi colpi di tosse, un lieve e quasi impercepibile ronzio denigratorio, un commento sarcastico intervallato dai suoi “vabbè”  permettevano di capire  che cosa pensasse nel merito di ciò che stava leggendo. La sua morte è stata uno shock – cosa rara – per destra e sinistra.
Radio Radicale, composta da una redazione di persone motivate e professionalmente preparate, ha sempre trasmesso integralmente  gli appuntamenti istituzionali perchè ritiene il regime non democratico poichè  priva i cittadini di decidere.
E i pittoreschi pentastellati che avevano sbandierato trasparenza e onestà in campagna elettorale hanno deciso di chiudere la radio perchè trasmette informazioni indipendenti. Questo è il reale motivo di questa armata Brancaleone che avrà il fiato corto.
In una delle sue ultime rassegne Bordin aveva definito con insolita nitidezza Luigi Di Maio stalinista e gesuita evidenziandone così la natura totalitaria rinchiusa nell’ipocrisia bigotta tipica dei 5 Stelle. Senza dimenticare come aveva apostrofato in maniera sublime Vito Crimi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria, definendolo il “gerarca minore”… un marchio che gli rimarrà per sempre.
Chi teme per l’Italia adesso ha paura di perdere l’unica radio politica del Paese. Il rischio grave e assurdo è di perdere definitivamente la voce libera, la voce della democrazia.