Via i fedelissimi consiglieri del sindaco
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Forse avrà solo per un momento pensato di procedere senza avere dalla sua parte il vessillo del Movimento 5 Stelle, l’altolà di togliere il simbolo al sindaco era stato fatto circolare sui social proprio da Grillo, ma si deve essere subito resa conto che tale ipotesi sarebbe stata un disastro su tutti i fronti.
E dunque Virginia Raggi, dopo una lunga e dibattuta riunione dai toni da resa dei conti,  alla fine ha ceduto accettando le condizioni di Grillo e del resto della squadra di maggioranza che siede nell’aula consigliare capitolina, guidata dal capogruppo Paolo Ferrara e dal presidente del consiglio Marcello De Vito. In definitiva il primo cittadino ha dovuto liberarsi di quelle poche persone a lei molto vicine che l’hanno sempre consigliata  dal momento in cui è stata eletta. E visto come sono andate le cose è stato davvero un bene non avere più niente a che fare con “consiglieri” del genere. Di fatto ha rinunciato a  un entourage  di cui faceva parte anche Raffaele Marra, capo del personale ed ex vice capo di gabinetto, arrestato per corruzione.
A ruota sono così stati messi alla porta Salvatore Romeo capo della segretaria, il vicesindaco Daniele Frongia e Paola Muraro, raggiunta da un avviso di garanzia, che non dovrà mai più tornare a ricoprire il ruolo di assessore. Certo è che adesso il giovane sindaco dovrà cominciare a confrontarsi di più sulle scelte strategiche sia con la sua maggioranza che con il partito. Un partito senza il quale Raggi mai sarebbe stata eletta.
Insomma, ora il ritmo della compagine di governo cambia. Scivoloni ne sono stati fatti, purtroppo, ma si sapeva che prendere in mano l’amministrazione romana non sarebbe stata una partita facile. Troppo intricata la ragnatela di interessi, clientelismo e corruzione che hanno prodotto alla fine un sistema malato. E la sfida dei pentastellati è proprio questa: mettere ordine, eliminare quello che va eliminato, migliorare la funzionalità della macchina amministrazione affinché Roma possa veramente cambiare come merita. Del  resto lo stesso Grillo ha detto più di una volta che governare la capitale è sicuramente più difficile che governare l’Italia intera. E visto l’aria che tira il comico genovese ha annunciato che il movimento definirà una sorta di decalogo, un codice etico che detterà le regole di comportamento per gli eletti nei vari enti nel caso questi siano eventualmente coinvolti in procedimenti giudiziari.
Al momento la situazione si è stabilizzata ma le grane interne non sono finite.
I “malpancisti” grillini, da sempre critici in merito alle decisioni di Raggi, sarebbero addirittura convinti che bisognerebbe cacciare Virginia. Ma se questo avvenisse sarebbe come ammettere la sconfitta proprio nel momento in cui il M5S si candida a pieno titolo alla guida del Paese. Il Movimento come potrebbe pretendere di governare il Paese se dovesse fallire su Roma? Con quale autorevolezza, quali garanzie, quale preparazione politico-amministrativa  potrebbero offrire  gli esponenti grillini  davanti all’elettorato?
Ecco perché questa esperienza municipale deve andare avanti.
Tuttavia in Campidoglio non c’è pace, il cielo non promette nulla di buono e altri guai giudiziari potrebbero profilarsi all’orizzonte.