Giochi di potere, sopravvivenza politica,  inciuci e imbrogli. Ma all’orizzonte c’è anche l’elezione del presidente della Repubblica: nel 2021 si eleggerà nuovamente il nuovo inquilino al Quirinale e lasciare gestire una questione così importante a un parlamento composto da una maggioranza di destra è quello che né Mattarella e né il Pd vorrebbero. Insomma, una partita in cui i sinistrorsi non vogliono certo essere tagliati fuori temendo un monopolio sovranista che si andrebbe delineando qualora si andasse alle urne velocemente. Ecco allora formarsi l’unione dei compagni per allontanare le elezioni. Costi quel che costi ma la parola d’ordine è frenare Salvini ed il voto popolare andando oltre gli schieramenti e le opinioni, le parole, le promesse e gli insulti del passato (ricordiamo soprattutto quelli tra Pd e M5S).
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 Queste le prime fondamenta della stravagante  maggioranza, autentica ammucchiata che è emersa l’altro giorno in Senato che vede insieme Pd e 5 Stelle uniti con il solo scopo di allontanate lo spettro – per loro – del voto anticipato tradendo così le regole basilari della democrazia. Uno schieramento nato dall’inciucio  escogitato dai peggiori voltagabbana che, se gli andrà bene, metterà in piedi il “governo della poltrona” con la soddisfazione di chi aveva già la strizza di tornare a casa.
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A palazzo Madama la nuova compagine dei traditori  costituita dall’asse dem-grillozzi  (con l’avvallo dei frammenti sinistrorso-comunisti di Leu e + Europa,) si è concretizzata politicamente quando l’Aula ha votato sui tempi della crisi di governo respingendo la richiesta di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia di votare subito (mercoledì) la sfiducia al premier Giuseppe Conte. Se ne riparlerà dunque il 20 agosto quando all’ordine del giorno saranno previste le comunicazioni del premier.
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Il Senato bocciando la mozione della Lega ha quindi deciso che il percorso della crisi di governo non comincerà in tempi rapidi – come avrebbe invece dovuto essere per dare risposte alle incombenze che gravitano sul Paese – ma la scottante questione slitta appunto al 20, giorno in cui è atteso l’intervento di Conte di fatto sfiduciato da Salvini. Un premier che  per correttezza istituzionale avrebbe dovuto prendere atto della sfiducia e recarsi al Colle a rimettere il mandato invece di galleggiare fino a martedì prossimo…  forse perchè ha già inciuciato pure lui per farsi dare la fiducia dal Pd?
Così l’ipotesi che circolava nelle ultime ore riguardo a un probabile accordo tra Pd e stellati – considerato fino a qualche giorno fa pura fantascienza –  si è clamorosamente realizzato grazie alle oscure manovre di palazzo. Una buffonata imbarazzante orchestrata dai soliti saltafossi senza arte nè parte dell’ultima ora  che vogliono negare di ridare la parola al popolo sovrano per  difendere esclusivamente le proprie rendite di posizione. Del bene della nazione non gliene frega nulla, a parte le balle che raccontano davanti ai cronisti di turno. Va compreso che sostanzialmente l’accordo dem-grillostellati è un puro calcolo di potere. E basta. I maestri dei ribaltoni, come è capitato in passato, sono perciò al lavoro per far governare quelli che in realtà sono minoranza nel Paese.
Non crederemo che Renzi – da vero leader si è già ripreso il partito mentre quel bambolotto di Zingaretti ogni tanto balbetta qualcosa affidandosi puntualmente “alla saggezza di Mattarella”  –  e i grillotti  mossi, come dicono,  dal senso di responsabilità, vogliano salvare davvero la Patria? La verità invece è che Renzi ha in mano il gruppo parlamentare e se si tornasse alle urne la sua corrente rischierebbe di essere notevolmente ridimensionata da Zingaretti. Ma riuscirà il mite segretario a tenere testa al suo predecessore? Riuscirà a depotenziare il bullo fiorentino per ottenere quella agibilità politica tanto agognata? A ben guardare le chance sono davvero scarse visto che il fratello del più conosciuto commissario Montalbano manca di leadership, ha dimostrato indecisione e incapacità nella gestione del partito e di questa crisi di governo nella quale il vero protagonista ha dimostrato di essere ancora lui: Renzi che si è ripreso la scena. 
Come per Renzi stessa cosa vale per Gigino Di Maio e i suoi sodali: sanno che il voto anticipato li farebbe sparire con la stessa velocità con la quale sono arrivati sulla scena politica. E Di Battista non aspetta altro. Ecco quindi che domina la mera questione della sopravvivenza altro che il senso di responsabilità che vanno sbandierando. E poi  in quanto ad attendibilità conosciamo bene quanto possa valere la parola dello spavaldo Renzi e dell’incapace Di Maio. Vedremo nelle prossime ore che tipo di risultato sortirà questa volta il “capolavoro” dei camaleonti della politica attenti esclusivamente agli interessi di bottega, ovvero ai propri.
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Tuttavia, tornando al movimentato dibattito svoltosi al Senato, Salvini è riuscito miracolosamente a uscire dall’angolo rilanciando la palla all’ex alleato Gigino accettando la riforma costituzionale tanto cara ai 5 Stelle sul taglio dei parlamentari a condizione però di andare subito dopo  al voto come tra l’altro  ha sempre ribadito lo stesso leader grillino. Così le parti si sono invertite: ora è Di Maio a ritrovarsi nell’angolo. Una volta in porto  la riduzione di 345 seggi, tra Camera e Senato, se l’inamidato partenopeo  dovesse contribuire alla formazione del governo poltronificio con il Pd, o meglio con Renzi, di sicuro  perderebbe definitivamente la poca credibilità rimastagli.