Cinico e spregiudicato ora passa all’incasso. Del resto il Conte bis sta muovendo i primi passi per merito suo e adesso fa sentire con forza il proprio peso nelle scelte sull’esecutivo. I messaggi che manda sono chiari e comincia a fissare alcuni paletti nella composizione della squadra governativa e nel programma. Non è un caso che con la consueta spavalderia che lo caratterizza il toscano sostenga che la durata di questo governo che sta per nascere – nonostante le profonde divisioni tra sinistri e stellati la compagine vedrà la luce poichè la voglia di potere è il collante che offre maggiori garanzie di tenuta – dipenderà dalla qualità dei ministri che faranno parte della compagine. Il riferimento di Renzi alla selezione per dicasteri chiave quali il Viminale e Tesoro è chiaro: Conte si ricordi dei “suggerimenti” del padre di questa operazione che ha contribuito a mandare a casa Salvini.

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Così trapela già qualche indiscrezione con l’inserimento di ministri di indiscussa fede renziana come Marcucci e Guerini. Mentre potrebbero essere “digeribili” per entrambi i contraenti dell’inciucio capi dicastero da ricollocare: da Bonafede a Fraccaro alla Trenta. Sul tavolo delle contrattazioni arriva anche la presa in considerazione di piazzare esponenti dell’estrema sinistra: si fa spazio Pietro Grasso o Errani per Giustizia o Difesa. Come si era immaginato il cerchio quindi  si chiude con un governo dei perdenti decisamente di sinistra ancora una volta nella stanza dei bottoni – la quarta volta in sei anni – senza il mandato popolare. Bravi compagni. Avanti così! Europa e banche vi sorridono e vi abbracciano. 

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Insomma, Renzi ha fatto un capolavoro politico inserendosi immediatamente in questa strana crisi proponendo un governo istituzionale. E ha vinto la sfida. Di certo se non avesse preso la palla al balzo dopo lo strappo di Salvini ora si parlerebbe di elezioni anticipate. Questo è certo.
Eppure nessuno avrebbe immaginato tanto: il fiorentino pur di isolare il Capitano ha chiesto di dare vita a un governo con i peggiori nemici di sempre , i 5 Stelle, impedendo così al capo leghista, forte di un vasto consenso, di portare il Paese al voto. Addirittura ha agitato le acque nei vertici del Nazareno al punto da paventare, qualora il mite segretario Zingaretti non si fosse genuflesso alle sue direttive, il bluff, perchè di questo in verità si è sempre trattato, un bluff, una scissione all’interno del gruppo parlamentare, suo esclusivo monopolio, per dare vita a un fantomatico partito liberal-moderato.
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Mentre questa crisi ha segnato la fine di Zingaretti finito all’angolo. Il governatore del Lazio ha dimostrato di non avere la stoffa, troppe le incertezze e le retromarce. Tra tutte quella di cedere, sempre su pressione di Renzi, sulla permanenza di Conte a palazzo Chigi.
L’insolente Matteo ha dimostrato quindi, se ce ne fosse stato bisogno, di essere il vero e unico leader del Pd. Tutti gli altri sono personaggi di seconda fila, manovrabilissimi e senza spessore. In un colpo solo è tornato prepotentemente al centro della scena politica – certo l’errore di Salvini lo ha aiutato – e si è ripreso il partito che, a dire il vero,  non aveva mai completamente perso. Non ci sono dubbi: ha vinto su tutta la linea, questo Conte bis, orrenda e vergognosa creatura, c’è solo per merito suo. Naturalmente i suoi fedelissimi, dalla signora delle banche Boschi all’anima grigia Lotti, esultano. Quelli del “giglio magico” insomma, che ora si preparano a spartirsi il potere: in ballo moltissime nomine. Chi guiderà il Paese dovrà decidere i prossimi vertici di Enel, Eni, Leonardo, Poste, Monte Paschi di Siena (dove il Tesoro, non dimentichiamolo, è diventato proprio grazie a Renzi, azionista di riferimento). In totale ci sono una quarantina di consigli di amministrazione da rinnovare, vertici di società quotate in borsa che capitalizzano oltre 150 miliardi Non solo. Ci saranno da decidere i nuovi comandanti delle forse dell’ordine. Nel 2022 inoltre il Parlamento sarà chiamato a decidere chi dovrà essere il prossimo presidente della Repubblica.
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Capiamo quindi che chi sarà alle redini del governo avrà la possibilità di influire pesantemente sulle decisioni importanti, ossia chi sarà destinato a ricoprire un determinato ruolo. Sappiamo che piazzare l’uomo di fiducia a capo di una azienda o nominarne altri nelle varie istituzioni significa controllare la cosa pubblica, il Paese. E questo indipendentemente che si stia o meno a palazzo Chigi. E Renzi questo lo sa bene. In queste manovre di potere che si esercitano dietro le quinte è un vero maestro: le ha praticate con successo anche dopo la debacle subita con il referendum che lo costrinse alle dimissioni dalla presidenza del consiglio. E adesso con il suo governo giallorosso si sta ripetendo la stessa strategia. Non può permettere che il centrodestra metta le mani su un piatto così importante, in particolare Salvini. Il nemico numero uno.
Intanto i suoi fedelissimi gongolano, il capo è tornato e sarà lui adesso a dare le carte…  e a silurare il Conte bis se dovesse tornargli utile. Perchè no. Mettiamo in conto anche questo. Da lui c’è da aspettarsi di tutto. Di sicuro c’è solo una cosa: non dobbiamo mai credere a ciò che dice. E’ un bugiardo nato.